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Resident Evil: Retribution











Subito dopo i titoli di testa, abbiamo di nuovo Milla Jovovich nei panni della combattiva Alice, la quale, unica e ultima speranza per la razza umana, effettua un veloce riassunto dei precedenti quattro tasselli della saga cinematografica basata sul celebre videogame targato Capcom; che, nel caso di questa quinta avventura, vede al timone di regia lo stesso Paul W. S. Anderson già responsabile nel 2002 del capostipite e, otto anni più tardi, di "Resident evil: Afterlife", girato in 3D come "Resident evil: Retribution".
Il "Resident evil: Afterlife" al cui termine avevamo lasciato la protagonista sulla banchina della misteriosa imbarcazione "Arcadia", dove la ritroviamo prima ancora di vederla alle prese con un’invasione di aggressivi infetti e, successivamente, risvegliarsi all’interno di una struttura clandestina della Umbrella Corporation. Mentre apprendiamo che il T-Virus creato dalla società biotecnologica continua a trasformare le persone in zombi e, tra Uber-Lickers in agguato e morti viventi Majinid, forniti di enormi mandibole e tentacolari che fuoriescono dalle loro bocche, riabbiamo in scena anche diversi personaggi uccisi nel corso della serie, dalla Rain Ocampo di Michelle Rodriguez a James”One”Shade, con le fattezze di Colin Salmon.
Perché è in particolar modo la tematica della clonazione – già accennata nel terzo e quarto episodio del franchise – a essere approfondita nel corso dei circa novantacinque minuti di visione, man mano che, grazie a una nuova trovata di sceneggiatura, assistiamo a imprese per le strade di New York, Tokyo, Washington e Mosca.
E, insieme a quella che vede coinvolti i due giganteschi Executioner Majini, armati di pericolosa scure, è proprio la sequenza che si svolge nella capitale russa a rappresentare uno dei momenti più riusciti dell’operazione, efficacemente immersa nei toni dark della fotografia di Glen MacPherson.
Elemento che, in maniera fondamentale, contribuisce di sicuro a conferirle in più occasioni una certa estetica da horror anni Ottanta, sebbene il 3D, propenso soprattutto a sfruttare la profondità dei corridori e le pallottole ed altri oggetti lanciati verso lo spettatore, provveda a ricordarci che si tratta di una produzione d’inizio XXI secolo.
Con immancabili manciate di splatter digitale e consueta overdose di scontri corpo a corpo che, nonostante rischi di divorare l’esile script, non arriva a danneggiare lo spirito di fondo di un altamente spettacolare cineVgame tutto azione destinato non solo a rivelarsi come il maggiormente coinvolgente tra i tre capitoli residenteviliani diretti da Anderson, ma anche quello visivamente più accattivante della – per ora – pentalogia.

La frase:
"Questa è l’ultima scelta dell’umanità: l’inizio della fine".

a cura di Francesco Lomuscio

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