Resident Evil: Afterlife
Ed ecco il quarto episodio della saga cinematografica tratta dall’omonimo videogioco della Capcom. In uno scenario postfuturistico (ma quanto debbono tutti i film con questa ambientazione alle atmosfere corrotte di "Blade Runner"?) l’eroina Alice si moltiplica, si fa letteralmente in quattro, per sconfiggere il presidente dell’Umbrella Corporation, la società che quattro anni prima aveva diffuso il T-Virus, progettato per ringiovanire e lenire i disturbi nervosi e che invece, come un lifting mal riuscito, tramuta la popolazione mondiale in orridi zombie mutanti con tanto di lingua quadripartita.

La bella Alice, pettinata come un’attrice della Belle Epoque, se ne parte per l’Alaska su un esile biplano (!) alla ricerca dei sopravvissuti per poi tornare a Los Angeles con l’amica Claire dove, assieme ad un manipolo di superstiti scoprirà una verità molto più terribile di quanto avesse immaginato.

Se non fosse per la tecnologia 3D, di novità in questo quarto episodio ce ne sono davvero poche. Anzi, per certi versi, sembra quasi un film girato a risparmio. Gli zombie si vedono appena e, tutto sommato, sembrano quasi di docile indole rispetto agli illustri predecessori cinematografici; gli effetti speciali sono quelli ormai più che conosciuti (il "bullet time" di "Matrix" è ormai preistoria); le riprese ardite si limitano ad ampi totali dall’alto. Forse, l’unico elemento che suscita interesse è la riproduzione degli ampi ambienti che si sviluppano verso l’alto.

Il plot è essenziale quasi come il suo sviluppo cinematografico.
Pochi dialoghi, la storia ridotta all’osso (a parte il colpo di scena finale), qualche trovata originale (i pistoloni da pirata con i quali Alice risolve molte situazioni complicate) ed un imbarazzante super zombie vestito da boia medievale che avanza brandendo una sorta di mannaia bipenne che ricorda gli strumenti di una macelleria, tanto per dare un tocco di inesplicabile grottesco.

Nei panni di Alice c’è sempre la bella Milla Jovovich, mentre gli altri interpreti sono onesti comprimari già visti nelle serie televisive d’oltreoceano.

La frase: "Se siete vivi... c’è speranza".

Daniele Sesti

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