Remember Me
Brooklyn, 1991. Una ragazzina di undici anni assiste all’omicidio della mamma ad opera di due balordi nella stazione deserta della metropolitana; dieci anni dopo, divenuta una fascinosa studentessa solitaria presso la New York University, Ally (Emilie de Ravin) cattura l’attenzione del ribelle Tyler (Robert Pattinson), che è invece in rotta col padre danaroso e assente (Pierce Brosnan) nonché in lutto per il compianto fratello maggiore suicidatosi qualche anno prima. Tra i due protagonisti costantemente imbronciati scoppia l’amore: che all’origine del loro incontro ci sia una mera scommessa goliardica, infatti, poco importa, visto che il trionfo del sentimento travolge entrambi in un’overdose di citazioni letterarie, vezzi artificiosi e verbosità melense ma dopotutto prevedibili. In agguato, però – a giustificare al contempo sia il titolo della pellicola che la tensione costante del narrato verso un climax fumoso – c’è l’imprevisto, una svolta forzata tanto eclatante che oltreoceano ha fatto gridare al ricatto emotivo.
Qui manteniamoci accuratamente distanti dagli spoiler di qualunque genere, sebbene il mero setting spazio-temporale possa tradirne l’esito con facilità, e limitiamoci ad osservare che il regista Allen Coulter (Hollywoodland) dirige un drama pigro e un po' lamentoso, senza dubbio pesantemente afflitto dallo script inutilmente enfatico firmato da Will Fetters. I personaggi si esprimono in modo retorico e poco verosimile, vincolati come sono al ruolo tormentato e stereotipato che è stato cucito addosso a ciascuno di essi. Lo sforzo interpretativo del cast, comprimari compresi, non vale a risollevare le sorti di un prodotto dal passo lento e fiacco in cui un wannabe-James Dean ostenta il terribile, terribile (!) stigma del fumo in pose involontariamente ridicole, più che maudit, mentre la sua dolce metà viaggia su saliscendi emotivi e sbalzi d’umore forse appena giustificabili in una quindicenne ma pasteggia in modo fieramente (anti)convenzionale. L’indagine psicologica s’arresta comunque alla mera facciata: l’estrazione sociale dei due, antitetica, e l’immediata poetica intensità della loro relazione suonano dolorosamente arcinote e niente affatto genuine. Però quello che tutto sommato poteva essere giudicato e liquidato come mediocre ma innocuo romance post-adolescenziale per maschere fisse (in ossequio a trailer, locandina e nutrita fan base del vampiro luccicante preferito dalle minorenni di tutto il globo, che qui è anche produttore esecutivo) s’infrange sul clamoroso colpo di scena incastrato a tradimento negli ultimi dieci minuti del film: ecco gli intenti nascosti del progetto farsi palesi, sebbene un paio d’indizi circostanziali possano aver già condotto lo spettatore avvertito a presagire la fine con largo anticipo – finché le ambizioni sfacciate che propugna la voce off di Pattinson irritano chi in coscienza ammetta di trovare offensivo tanto sciacallaggio morale, dove la Storia è considerata paravento.

La frase:
- Ally: "Sei strambo"
- Tyler: "Lo so"

Domitilla Pirro

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