Radici
Un viaggio musicale nella memoria di una Napoli di "sotto", dei luoghi magici, mitologici e storici, ma anche un percorso nella città di "sopra", attraverso i suoi monumenti e i suoi quartieri più vivi.
In sintesi, è questo che vuole essere il film tramite cui Carlo Luglio – regista di "Capo Nord" (2003) e "Sotto la luna di Scampia" (2006) – affronta il percorso artistico del cantautore napoletano Enzo Gragnaniello, interprete sanguigno ascoltatore da ragazzino di Elvis Presley, Otis Redding e John Lee Hooker e che ha saputo comprendere le svariate anime delle radici partenopee; da quella lunare a quella popolare, passando per quella solare.
Un percorso artistico che, in mezzo alle performance realistiche e oniriche del musicista insieme ai Sud Express, si avvale delle apparizioni di volti noti dello schermo quali Ida Di Benedetto ("Le buttane"), Enzo Moscato ("Il resto di niente") e Maria Luisa Santella (Brutti, sporchi e cattivi); quando, al fine di recuperare visivamente la Napoli del dopo guerra e quella degli anni Settanta, non ricorre a immagini cinematografiche di repertorio provenienti da titoli storici del calibro del collettivo "Signore e signori, buonanotte" (1976), "I bambini e noi" (1970) di Luigi Comencini e "La pelle" (1981) di Liliana Cavani.
Mentre apprendiamo, tra l’altro, che nel capoluogo campano, un tempo, c’erano gli spiriti con cui parlare di cosa fare nella vita e che "sacralità" non è una parola religiosa come sembrerebbe, bensì un termine universale.
Quindi, spesso immerso in atmosfere funeree, quasi mistiche, una sorta di musicarello su presente e passato dal taglio leggero che, con il proposito di regalare allo spettatore scorci sulla bellezza e sulle vitalità nostrane ormai offuscate da continue rappresentazioni mediatiche sul degrado umano e territoriale, si rivela essere un cammino alla ricerca dell’anima; finalizzato in particolar modo a ricordare che la musica è come un faro, perché ci guida.
L’impressione immediata, però, è che si tratti soltanto di un prodotto destinato a trasformarsi in oggetto di culto esclusivamente per i fan dell’autore di "Cercando il sole" e "Cu’ mme", rischiando di risultare in (buona) parte noioso agli occhi di tutti gli altri spettatori.
La frase:
"La musica sceglie chi è che la deve rappresentare, spesso".
a cura di Francesco Lomuscio
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