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Puisque nous sommes nés
"Pluisque nous sommes nés" è stato presentato alla 65esima Mostra Internazionale d’Arte e Cinematografia nella sezione "Orizzonti". Realizzato dai registi Jean-Pierre Duret e Andréa Santana è una coproduzione francese e brasiliana dai toni toccanti e poetici, che vuole ritrarre e catturare la difficile vita di due giovani adolescenti dello stato di Pernambuco in Brasile. I protagonisti sono il quattordicenne Cocada e il tredicenne Nego, attraverso i loro occhi e i loro pensieri trapela la sofferenza di un gruppo sociale forse dimenticato. Figli della stessa madre, ma di padri diversi, vivono in una casa insieme agli altri fratelli, in tutto sono 10 fra maschi e femmine cui si aggiungono la mamma e il nuovo patrigno. La loro vita, come quella dei genitori, è legata al lavoro, ma mentre gli ultimi ormai sono rassegnati e desiderano di più almeno per i loro figli, i primi invece cercano di trovare il proprio spazio e dimensione. Dall’alba al tramonto, per diversi giorni, la telecamera segue i due ragazzi, che svolgono diversi lavoretti per poter racimolare qualcosa, dal portare la spesa a casa delle persone al pulire le macchine o aiutare i venditori al mercato. Tutto pur di non chiedere l’elemosina, perché comunque mantengono l’orgoglio, anche se è difficile e Nego si trova a pregare dei turisti per avere qualche centesimo. Per loro il tempo del gioco è finito, raramente si dedicano a qualche svago, è importante trovare un lavoro per poter realizzare il proprio sogno.
Ogni mattina arriva il camion dell’acqua e inizia così la lotta per prendere l’acqua nei secchi e portarla a casa e poter lavare e dare da bere agli animali, unico loro sostentamento. Il caldo e il sole battono su questa terra rendendola ben poco fertile e permettendo le infezioni, favorite dalle pessime condizioni igieniche. Un mondo sommerso che ha la sua finestra su quello borghese attraverso la stazione di servizio in cui i due ragazzi di notte si soffermano a guardare le luci, i camion, i viaggiatori. Non sono interessati alla politica, i candidati sfilano accanto alle case nei loro pullman echeggianti slogan elettorali, ma chi si interessa veramente di loro?
Unica prospettiva è quella strada solcata ogni giorno dai pullman e dai camion, una strada che non conoscono, ma che sperano li conduca altrove e gli permetta di fuggire dalla miseria e dal dolore che provano e che vedono intorno a loro. Lì tutti sono uguali e tutti hanno un destino comune, a meno che non riescano ad alzarsi e camminare sulle proprie gambe. Non vi sono orpelli né fronzoli, la pellicola è asciutta e lineare come lo è il tema trattato, come lo è il paesaggio scaldato dal sole cocente. "Pulisque nous sommes nés" nella sua semplicità commuove lo spettatore, coinvolgendolo in quella desolazione e disperazione, così opprimente, che fa crescere in fretta. Cocada e Naga hanno un corpo di bambini, ma sono già dei piccoli adulti, che avvertono il desiderio di spiegare le ali e prendere definitivamente il volo verso il futuro. Nella disperazione rappresentata vi è una profonda poesia, che non giunge alla rassegnazione, ma alla speranza di un qualcosa di diverso grazie all’istruzione e al sacrificio.
"Pulisque nous sommes nés" richiama per alcuni elementi paesaggistici e per la drammaticità delle immagini alcune delle scene tagliate del documentario di Joris Ivens "L’Italia non è un Paese povero", salvate dalla censura e riprese poi nei documentari di Daniele Vicari.
La frase: "Mi sono fatta da sola con il piccone in mano, piangevo per andare a scuola, ma non potevo".
Federica Di Bartolo
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