Prove per una tragedia siciliana
Il prolifico autore, regista, sceneggiatore e attore statunitense John Turturro in collaborazione con il regista teatrale Roman Paska ha presentato a Venezia il suo nuovo lavoro nella sezione "Fuori concorso" del 66° Festival del Cinema lagunare: "Prove per una tragedia siciliana". E’ un film–documentario nato dalla commistione e unione di due idee particolari, prima di tutto dal desiderio di Turturro di ricercare le proprie origini, poiché come si evince dal cognome ha origini italiane, e poi dall’idea condivisa con Paska di analizzare la costruzione, l’organizzazione e la preparazione di una pellicola cinematografica. Così Paska e Turturro s’immergono nella realtà siciliana alla ricerca delle origini della famiglia della madre Caterina, cantante Jazz da poco scomparsa, proveniente dalla cittadina di Aragona. Il viaggio percorre la Sicilia da Palermo ad Agrigento verso l’America alla scoperta della tradizioni, della cultura, del modo di pensare e di essere siciliani. Ad accompagnare i due registi alla volta di ciò che era e che è, sono il famoso scrittore Andrea Camilleri che descrive in un monologo la storia dell’isola, le sue tradizioni e spiega cosa significhi essere siciliano. Un monologo intervallato qua e là da filmati in bianco e nero che mostrano gli emigranti siciliani in viaggio per l’America in cerca di fortuna cui si aggiungono brevi interviste di Turturro ad alcuni cittadini di Aragona. Il film diventa un diario fuori degli schemi di questa ricerca attraverso il tempo e lo spazio, alla riscoperta di ciò che lentamente si va perdendo o trasformando. I dialoghi sono pochi e lasciano spazio ai monologhi, non solo quello di Camilleri, ma anche quello di Donatella Finocchiaro e Gioacchino Lanza Tomasi. John Turturro conduce e guida lo spettatore a scoprire una Sicilia nuova e diversa, dotata di magia e storia: quella degli emigranti per l’America nel Novecento e quella dell’opera dei pupi o della festa di novembre legata ai morti. E’ un mondo solare cui i registi si avvicinano come dei bambini con uno sguardo pulito, lontano dai luoghi comuni, per loro tutto è una novità e una scoperta. E’ un mondo lontano e diverso dall’America, è al al tempo stesso un canto alla Sicilia in cui esprimono i loro sentimenti di amore. Citando una frase di Turturro: "E’ molto strano essere nel paese d’origine, sono qui, ma non lo sono". Il modo di pensare siciliano ed italiano è ormai diverso dal suo, più vicino a quello dei paesi anglosassoni, per questo si stupisce del forte legame esistente fra padre e figlio e del desiderio di entrambi di portare avanti il mestiere di famiglia che hanno ereditato, quello dei pupari. Ecco la telecamera immergersi nell’opera dei pupi, dove la fantasia diventa realtà sotto l’occhio attento e vigile di Mimmo Cuticchio e Vincenzo Pirrotta. La ricerca delle proprie origini diviene la ricerca di sé e al tempo stesso uno studio sulla realizzazione di un ipotetico, immaginario, film alla scoperta delle location, degli aspetti più particolari e diversi che saltano agli occhi dei due registi del tutto estranei a questo mondo. Il ritmo è lento, la telecamera si sofferma su particolari, luoghi e posti diversi si avverte la curiosità del regista per questo mondo così lontano eppure vicino a causa degli innumerevoli scambi culturali, sociali ed economici derivati dai flussi migratori fra la Sicilia e gli Stati Uniti.
La frase: "Ogni siciliano non pensa a ciò che di bene può avere nella vita, pensa a ciò che di male può avere dalla vita".
Federica Di Bartolo
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