Primo amore
"Sonia: 25 anni, simpatica, dolce. È convinta di essere più magra di quello che è. Strano perchè di solito è il contrario! Tra i 55 e i 57 chili. Ma con questo peso non potrebbe funzionare, dovrebbe pesare di meno. Ma anche così non potrebbe funzionare".
Inizia con queste parole la relazione d'amore di Vittorio con Sonia, che dopo il primo appuntamento non dovrebbero più incontrarsi e invece finiscono per andare a vivere insieme dopo poche settimane. Ma la loro è una relazione diversa, strana, lontana da ogni normalità.
Perché Vittorio è ossessionato dalla magrezza e Sonia si lascia coinvolgere per amore da quella ossessione che sembra non chiederle molto se non perdere peso e smettere di mangiare.
Il rapporto sentimentale dei due protagonisti assume così contorni sempre più confusi. Afflitto dalla mancanza di cibo e pervaso d'una crescente claustrofobia, muore inesorabilmente e con dolore.

Al suo quinto film Matteo Garrone conferma la sua straordinaria e originale arte non solo nel raccontare attraverso le immagini ma anche nel concepire storie modernissime dalle imprevedibili dinamiche.
Utilizzando come spunto un fatto di cronaca da brivido, il regista romano classe 1968, racconta con l'ormai consueta essenzialità, una storia d'amore dai contorni noir, in cui viene analizzato l'istinto, pur raro, che porta alcuni alla autodistruzione. Distruzione dell'amore, della coppia e di sé che i due protagonisti mostrano con sempre maggior evidenza sul proprio volto: severo e inflessibile quello di Vittorio, emaciato e sgomento quello di Sonia.
Ma l'ossessione non ha mai fine. E mentre la fotografia deforma i due protagonisti trasformandoli in inquietanti scheletri, Vittorio insiste e sottolinea l'impossibilità della loro relazione parlando di un passato e di un futuro legato solo al peso specifico del corpo di Sonia, arrivando così a consumare ciò che resta delle già consunte fondamenta della loro vita comune.
Un confronto di crescente drammaticità, una lotta disperata e disperante che la macchina da presa accentua con dei continui primissimi piani di pelle, vertebre e costole; nulla è tenuto nascosto all'occhio dello spettatore che percepisce la fatica e la fragilità di "quel fiore assetato" in cui Sonia si è trasformata.

Valeria Chiari

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