Playing the victim
Valja fa una professione piuttosto curiosa: interpreta il ruolo della vittima nelle ricostruzione di scene del crimine allestite da uno ispettore di polizia stravagante quanto irascibile. Gli autori dei vari crimini sono invitati a riprodurre la dinamica di incidenti veri o presunti per dare elementi di giudizio al team di investigazione. Una notte però Valja riceve la visita del padre defunto tempo prima. Rivela di essere stato avvelenato dalla moglie e dall'amante.

Il riferimento all'Amleto di Shakespeare è evidente, ma non si deve credere che Playing victim sia un rifacimento dell'opera del maestro di Stratford on Avon in chiave moderna. Serebrennikov usa il riferimento letterario "canonico" al principe di Danimarca per riproporre in modo ossessivo il tema della vendetta, spogliandolo però di quell'aura di nobiltà di cui gode nella tragedia da cui trae ispirazione. Ciascuna delle vittime che il giovane Valja interpreta è stata infatti assassinata in un atto vindice, ma la motivazione di ogni assassino è futile, banale, un atto di rabbia improvvisa e furente, incurante delle conseguenze di tale esplosione. La particolare natura dell'interpretazione richiesta a Valja fa sì che questi instauri un rapporto intimo sia con il defunto che con il carnefice, caricando sul giovane il peso di una violenza insensata ma necessaria in un mondo governato dall'egocentrismo narcisista dell'individuo. Il desiderio di Valja di compiere la volontà del padre diventa quindi un tentativo inutile di restituire dignità ad un atto di violenza che non può che essere autodistruttivo.

Srebrennikov usa una tecnica mista, infatti parte delle riprese sono viste attraverso l'ottica dell'agente di polizia che riprende le ricostruzioni dei delitti, e vi sono due inquietanti sequenze animate che riflettono in maniera simbolica il mondo interiore del protagonista, condannato a morte fin dall'inizio dall'entrata in scena del padre attraverso uno spioncino. In questo il regista russo opera uno stravolgimento del testo shakespeariano, mostrando come l'intervento del fantasma sia un atto di egoismo, destinato a concludersi in un massacro privo di senso che trasforma la vittima in carnefice. Il personaggio più interessante è l'ispettore di polizia (ricorda un po' Luca Zingaretti come fisionomia), cui viene affidato un lungo monologo che fornisce, anche se in modo forse troppo esplicito, la chiave di lettura del film.

La frase: "Tutto ha un contatore nella vita: l'elettricità... noi..."

Mauro Corso

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