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Pinocchio











Senza alcun dubbio, è una delle più famose storie di un rapporto tra un padre ed un figlio, pur essendo il secondo, in realtà, un burattino di legno in attesa di diventare un bambino in carne ed ossa.
Una allegoria relativa al difficile percorso di crescita, "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi, che, oggetto di non poche trasposizioni su celluloide, da quella disneyana a cartoni animati all’indimenticabile sceneggiato diretto nel 1972 da Luigi Comencini, rivive in un lungometraggio d’animazione a firma dell’Enzo D’Alò autore de "La gabbianella e il gatto" e "Momo alla conquista del tempo".
Un difficile percorso di crescita atto a ribadire, tra l’altro, che non bisogna mai credere a chi promette la ricchezza in cambio di nulla e che D’Alò, su sceneggiatura scritta insieme al fido Umberto Marino, racconta sfruttando ambientazioni e personaggi a cura di Lorenzo Mattotti.
Personaggi che, tra un Lucignolo con voce di Paolo Ruffini e un Mangiafoco doppiato da Rocco Papaleo, includono anche il Pescatore Verde, spesso dimenticato nelle versioni da schermo della fiaba.
Un elemento che, da solo, lascia intuire quanto altamente fedele alle pagine scritte sia l’insieme, immerso in una frizzantissima varietà cromatica, ma non privo di momenti decisamente tendenti all’horror e ai toni dark (citiamo soltanto la sequenza in cui l’ombra del Grillo parlante comunica con Pinocchio).
Perché, pur distaccandosi il tutto, nello stile, dall’immaginario americano dei cartoon, non appare poi tanto lontano dalla poetica di quelli giapponesi l’oltre ora e venti di visione, accompagnata in maniera efficace dalla colonna sonora realizzata dal compianto Lucio Dalla.
Colonna sonora comprendente Nada, Leda Battisti e Marco Alemanno, al servizio di una tanto apprezzabile quanto dinamica operazione utile, soprattutto, per tornare nostalgicamente a una tipologia di immagini animate molto vicine a quelle che caratterizzarono l’universo infantile di chi fu bambino nel XX secolo... quando i libri delle favole, appunto, erano corredati di disegni tutt’altro che distanti da quelli sfoggiati in questo caso.

La frase:
"Ha parlato, il legno ha parlato".

a cura di Francesco Lomuscio

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