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Philomena











Philomena è un’anziana donna il cui bambino le viene brutalmente sottratto e poi dato in affidamento mentre lavorava in un convento. A distanza di 50 anni decide di cercarlo e, tramite la figlia, chiede aiuto a Martin, un ex-giornalista recentemente vittima di uno scandalo mediatico, intenzionato a riprendere in mano la sua carriera. Superata l’iniziale diffidenza e finanziato da una rivista 'rosa', Martin parte con Philomena alla ricerca del figlio, in un viaggio che li porterà sino in America e rispolvererà una storia di ingiustizie a lungo tempo rimasta nell’ombra.
Con questo film Stephen Frears porta al festival una ventata di freschezza che ha, prevedibilmente, conquistato tutti quanti: la sua è una commedia scritta e diretta con classe e consapevolezza, un esempio di cinema classico sorretto da una scrittura ferrea e sostenuto da due ottime prove. Dialoghi spumeggianti, ritmo vivace e serrato, e un tono che si muove con scioltezza tra dramma e commedia, tutto è squisitamente confezionato, ma non per questo risulta ruffiano; il retrogusto di insincerità è eliminato dalle attenzioni e il grande affetto che Frears riserva ai suoi protagonisti. Philomena è il cuore pulsante del film e ad essa il regista affida quell’ideale di sincerità e forza interiore che sembra provenire da un’altra epoca, tanto è lo stupore e l’effetto che le sue scelte suscitano su chi le sta attorno. L’aspetto più interessante della pellicola, infatti, sta nello scontro (e incontro) tra due individui, Martin e Philomena, lontani l’uno dall’altro non (o non soltanto) per ragioni d’appartenenza sociale, ma per un modo di concepire i rapporti, di reagire al dolore (uno gridando vendetta, l’altra con una sofferenza silenziosa) e di sostenere le proprie credenze, religiose o politiche che siano, che li differenzia in modo radicale.
Uno scontro, il loro, che Frears dirige con ironia e intelligenza, riuscendo ad evitare pericolosi stereotipi e affidandosi al talento indiscutibile di due attori come Judi Dench e Steve Coogan che, in corso d’opera, riescono a donare sfumature sempre più interessanti ai loro personaggi. Ma è soprattutto il dono dell’ironia e quella capacità di toccare argomenti scottanti in modo delicato, ma sempre con rispetto e lucidità, che lega Frears ai suoi attori e segna la differenza tra la sua pellicola e altre commedie, accostabili ad essa per genere o tono.
Certo, all’interno della sua filmografia questo "Philomena" non rappresenta niente di nuovo, né sembra offrire nuovi spunti a livello narrativo o estetico, ma piuttosto ci dà un’ulteriore conferma della freschezza, versatilità e intelligenza del suo cinema.

La frase:
"Chi viaggia in prima classe, non è detto che sia di prima classe!".

a cura di Stefano La Rosa

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