Paulette
Leggera come la droga di cui parla, "Paulette" è una commedia transgenerazional-popolare nata da un episodio di cronaca ripreso da Bianca Olsen, studentessa del laboratorio di scrittura tenuto dal regista (soprattutto televisivo, ma anche di documentari e film di finzione) e sceneggiatore Jèrome Enrico.
Nei palazzi-dormitorio della periferia metropolitana, il racconto a 4 firme ambienta le vicende di un'anziana (impersonata da un'odiosa-amabile Bernadette Lafont, che aveva esordito nel 1957 con Francois Truffaut) scostante non tanto per carattere, ma quanto a causa della perdita del marito, del loro negozio di pasticceria, del graduale scivolamento nella povertà e di un razzismo ottuso, dagli effetti comici. Il film riesce a coniugare il tono brillante con inserti drammatici trattati con intelligente e garbata ironia, come la spesa fatta cercando tra gli scarti ortofrutticoli del mercato, il rovistare dentro i cassonetti della spazzatura, il pignoramento dei mobili a casa, il pestaggio ad opera dei giovani spacciatori della zona, i disturbi della vecchiaia. Se alcune istantanee risultano irresistibili (le attempate amiche sedute sul divano, tutte con gli occhiali 3D davanti allo schermo del mega-televisore appena acquistato, o i ragazzi che dopo un accordo "commerciale" cominciano a salutare la protagonista con simpatico rispetto), altri momenti cadono nel cabarettistico. Un po' sulla scia de "L'Erba di Grace", lo spunto di partenza e poi in crescendo la trovata dei dolci stupefacenti e la soluzione finale entrano di diritto nella campagna per la liberalizzazione della marijuana, mentre l'aspetto narrativamente rilevante sta nella progressiva trasformazione "dell'eroina", che grazie alla nuova attività riscopre quanto perduto in vitalità e socialità, insieme ad una generosa apertura verso il prossimo.
La frase:
- "Signora, qual'è il suo nome?"
- "Alzheimer".
a cura di Federico Raponi
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