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Paterson

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Thomas Cardinali2016-05-17
 

  • Foto dal film Paterson
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In un Festival è facile incappare in buoni e brutti film, ma è anche possibile trovare dei gioielli. Questo è “Paterson”, il nuovo film del maestro del cinema indipendente americano Jim Jarmusch che al Festival di Cannes è ben conosciuto avendo vinto il Grand Prix Speciale della Giuria nel 2005 con “Broken Flower” e grazie all’ultima partecipazione con “Solo gli amanti sopravvivono”.

Il ritorno di Jarmusch è una garanzia di qualità e di coraggio cinematografico, anche se quello che sorprende di più è l’incredibile semplicità dell’opera. Una storia quasi banale, ma straordinaria allo stesso tempo. Jim Jarmusch racconta la vita di un ‘autista di bus Paterson nell’omonima cittadina del New Jersey e la sua monotonia: tutti i giorni sveglia alle 6:10, tutti i giorni lo stesso viaggio, tutti i giorni torna a casa e si prepara per una nuova giornata.
Il protagonista è un Adam Driver maestoso che si divide tra la sua vita esterna e la parte nascosta di se, quella che cerca di far emergere in ogni momento libero della sua giornata: Paterson scrive poesie e, come gli commenta divertita una bambina, è l’unico autista di bus al mondo probabilmente ad amare Emily Dickinson.
Jim Jarmusch sceglie di raccontare una settimana della vita del nostro protagonista, ma non è solo la sua storia ad essere portata sul grande schermo: è quella di ogni singolo passeggero di cui ogni giorno Paterson ascolta le conversazioni, da cui ogni giorno riceve qualcosa arricchendo la noia della routine lavorativa e dando un altro sapore al film.

La vera protagonista però è la poesia, che scorre sullo schermo sotto forma di scritte e non come mera voce. La poesia è visibile e resta impressa sulla pelle dello spettatore che riesce ad entrare profondamente nell’animo del protagonista in un modo che non avrebbe mai ritenuto possibile.
La parte più geniale della narrazione di Jarmusch è che riesce a fare un film che non è commedia, ma neanche dramma: Paterson non vive alcun conflitto, si limita a vivere con un lento e inesorabile scorrere del tempo. La poesia non è conflitto, ma è la vera emozione del protagonista che si manifesta con un tempo narrativo pressoché perfetto: nei momenti fermi della giornata di un autista, come la sosta al capolinea, in cui non accade assolutamente nulla in realtà c’è il tutto, c’è la poesia che esce dai pensieri di Paterson e si manifesta sotto forma di immagini, suoni, sensazioni.
Gli altri protagonisti del film sono l’attrice Golshifteh Farahani e il cane, portato sorprendentemente anche con delle foto in sala stampa che ha regalato risate durante la pellicola essendo parte attiva nella routine della coppia protagonista.

Adam Driver torna dunque ai livelli recitativi di “Hungry Hearts” mostrando di non essere solamente un divo e che la partecipazione a una saga come quella di Star Wars non l’ha cambiato. Jim Jarmusch invece ci mostra come il cinema indipendente sia in grado di regalare delle opere belle e profonde che il cinema di largo consumo non può eguagliare e chissà che il Festival di Cannes non decida di premiarlo finalmente con il riconoscimento più prestigioso.


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