Party Girl
Angélique è una donna ultracinquantenne che passa ancora le sue notti in un cabaret dalle sfumature erotiche nella periferia di Strasburgo. Quando uno dei suoi clienti più affezionati le chiede di sposarlo, le si apre una prospettiva di vita nuova, all’insegna di quella stabilità tanto sognata quanto ritenuta irraggiungibile. Per le nozze si raduna tutta la famiglia, anche i figli che Angélique non vedeva da tantissimi anni. Dietro la sua apparente serenità, però, si cela una grande incertezza: è giusto sposare un uomo che non si ama?
Tre ragazzi diplomati alla prestigiosissima accademia Fémis di Parigi hanno unito le loro forze nella realizzazione di questo loro film d’esordio, ispirandosi a un episodio della vita della madre di uno dei tre. E per ottenere il massimo della verità hanno deciso di muoversi sulla linea che separa la finzione tout court (direzione per cui aveva optato molto felicemente Valérie Donzelli per il suo “La guerra è dichiarata” qualche anno fa) e il documentario.
L’asse è sicuramente spostato verso il cinema di finzione, ma alcune scelte sono state evidentemente prese per rendere tutto più reale, a partire dalla protagonista Angélique Litzenburger che interpreta se stessa (come il regista Samuel Theis che appare come suo figlio). Questa è sicuramente una scelta vincente, se non altro per il bellissimo volto dell’attrice, un volto che trasuda vissuto ed esperienza. Il suo personaggio è il bellissimo risultato di un lavoro che, per fortuna, probabilmente non si è fatto: Angélique sa muoversi con naturalezza e riesce ad infondere una grande profondità e sincerità alla se stessa che è stata.
Un po’ meno efficace, purtroppo, è stato l’approccio dei tre registi (Samuel Theis, Marie Amachoukeli e Claire Burger) alla storia. Raccontare tutto tramite la macchina a mano, invece di diminuire la distanza spettatore-personaggio, qui va paradossalmente ad ostacolare un’empatia che aveva tutte le carte in regola per essere molto forte.
Si fatica molto a farsi coinvolgere veramente da questa storia che cerca forse troppo di conquistare lo spettatore, sforzandosi leggermente e perdendo quindi in quella naturalezza che solo la protagonista riesce a soppesare e impedendosi di percorrere delle nuove strade invece di guardare indietro ad un cinema che già conosciamo bene.
La frase:
"Non ci sono altri clienti come te".
a cura di Luca Renucci
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