Parole sante
Contattato da lavoratori Atesia, il più grande call center d’Italia con quasi 4 mila impiegati (allora quasi tutti con contratto a progetto), Ascanio Celestini ha ripercorso - tramite interviste - la loro vertenza, mentre l’azienda non ha ritenuto opportuno rilasciare dichiarazioni. Così, la lotta prima e la documentazione poi danno visibilità ad una condizione di precarietà e sfruttamento sempre più diffusa nel paese. La maggior parte dei protagonisti è questa uno degli aspetti più interessanti – non ha formazione politica, eppure spontaneamente, all’ennesimo sopruso, essi si fermano riunendosi in assemblea. Cominciano scioperi, sit-in, manifestazioni, incursioni in convegni, nascono un collettivo e un giornalino: è l’autorganizzazione. L’azienda risponde licenziando, ma alcuni denunciano la situazione all’Ispettorato del Lavoro che riscontra gravi illegalità nei contratti e milioni di euro non versati a INPS e INAIL. Ma la finanziaria (chi assume paga la metà del non versato, l’altra la mette lo Stato) e l’accordo Atesia-sindacati portano ad un condono e ad assunzioni, previo un atto di conciliazione e liberatoria da parte dei lavoratori (devono dichiarare di aver firmato un contratto a progetto, sollevando l’azienda dal pericolo multa). Alcuni di loro non accettano (“non siamo mica il Titanic, non affonderemo cantando”. “Parole sante”, risponde il regista) e nessuno del collettivo ottiene un rinnovo, ma riceve anzi avvisi di garanzia (tra le motivazioni, aver gridato slogan contro la precarietà).

Un’opera di fondamentale impegno civile, per una vicenda paradigmatica che Celestini (autore di indagini sul campo su memoria storica, mondo del lavoro, manicomi) riassume in una metafora - all’inizio e alla fine – su un uomo al 25° piano col rubinetto che perde. L’acqua rischia di inondare tutti gli appartamenti e far crollare il palazzo.
La destra e la sinistra moderata sono per risolvere un problema alla volta, la sinistra radicale è attendista per non sfasciare la coalizione, il sindacato media. Però, facendo finta di niente, si affogherà tutti.

La frase: "I 4 passaggi dell’autorganizzazione: sapere, far sapere, sapere fare, fare".

Federico Raponi

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