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Ora o mai più
Con "Ora o mai più" Lucio Pellegrini dà una svolta alla sua cinematografia, e pur mantenendo lo spirito ironico e divertito delle commedie del passato aggiunge un accento tra il politico e il polemico. Si, perché questa volta si dedica alle vicissitudini del giovane David che dopo anni di studi di fisica alla Normale di Pisa, alla vigilia dell'ultimo esame si scontra con un mondo sconosciuto popolato di studenti come lui che però, diversamente da quelli che ha frequentato nei silenziosi corridoi della sua elitaria Università, urlano slogan di libertà e democrazia, occupano case abbandonate per farne centri sociali e si preparano ad affrontare la grande avventura del G8 genovese con trascinante entusiasmo.
David, studente modello si avvicina a questi bizzarri coetanei con curiosità e principalmente a causa di una ragazza. Tutto inizia da un volantino e dallo sguardo di Viola che David decide di seguire affascinato, fin nell'aula dove si sta svolgendo un sit-in.
Fallito l'esame e in attesa dell'appello di settembre, David si sente sempre più scosso nelle sue certezze, fino a lasciarsi coinvolgere da Luca, leader del gruppo di studenti 'rivoluzionari' che, riuniti sotto l'egida dei tigrotti salgariani di "Mompracem", si apprestano a cambiare il mondo. Tutti insieme tra azioni di protesta, sgomberi e lunghe notti passate in questura mostrano al giovane David un mondo diverso, costruito su un'energia inesauribile e in costante equilibrio tra utopia e idealismo. Punto finale di tutto il G8 di Genova, in cui sarà possibile finalmente gridare a tutti la voglia di cambiare il mondo.
Il 37enne regista di Asti ha il merito indiscusso di aver raccontato per primo gli avvenimenti accaduti all'interno della caserma di Bolzaneto, momenti nascosti da tutti i media nel corso delle tragiche giornate genovesi del G8. L'intenzione di aprire una nuova e forse più determinante discussione su quegli eventi così sistematicamente occultati però resta tale. Argomento scomodo e scottante il racconto del pestaggio dei ragazzi arrestati troppo spesso senza un valido motivo e rinchiusi per ore in stanzoni anonimi e bui: essenziale nella presentazione del regista, che colpisce ancor più per la fotografia immediatamente cupa tanto diversa dalle luminosissime sequenze dei giorni 'felici' della preparazione all'evento. Purtroppo però all'arrivo dei titoli di coda trionfa un sentimento di delusione, come se quelle ultime drammatiche sequenze avessero voluto ma non riuscito a dire di più.
Poteva, infatti, essere il punto nodale di un film che invece troppo assomiglia alle opere sulla gioventù così frequenti in questo nostro presente cinematografico nazionale. Ci auguriamo però che l'intenzione del regista di oggi possa diventare l'impresa del cineasta di domani.
Valeria Chiari
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