Uno dei miei film preferiti ( del resto sono un accanito giocatore di poker).
Ma il tema del gioco che potrebbe sembrare apparentemente principale è tuttavia superato da quello della malinconia e dell'amicizia, un'amicizia che con il denaro va guastandosi definitivamente.
Grande Abatantuono e grande Haber che mi inteneriscono in questo capolavoro del cineasta bolognese.
Il poker è come la vita.
Lo sanno bene i veri giocatori, quelli che giocano a prescindere dal vincere o perdere, perchè il poker, come la vita, è una cosa molto seria e và analizzato, ascoltato, diretto e vissuto; e la vita è come il poker, un bellissimo e terribile gioco, và presa con leggerezza, non bisogna essere troppo seri ma neanche sottovalutare i fatti, i segnali...e c'è sempre qualcuno che bleffa, belle auto e vestiti costosi per mascherare il niente...così come c'è sempre quello che bara, ha preso l'asso da sotto il mazzo, ma deve essere veloce o qualcuno se ne accorge...e poi c'è il drago, bravo, freddo e fortunato, finge di perdere ma in realtà stà soltanto aspettando...o forse è solo uno che bleffa meglio di tutti e le sue donne sono solo delle prostitute e le sue belle auto prese in affitto...e si gioca, con cordialità fino a prova contraria, fin quando, cioè, l'altro è scoperto e lo si può colpire (alle spalle)...e, alla fine, ti si offre di andare a casa sano e salvo, ma con l'umiliazione del dubbio, un pò come ritirarti in una casa di riposo, il purgatorio dei codardi, ma salvo, comunque...ma la vita (come il gioco) è fatta di opposti, non c'è una via di mezzo, una alternativa, il purgatorio è un'area di parcheggio, la vera scelta è: paradiso o inferno...e il vero giocatore và sempre a vedere...CAPOLAVORO.
Questo film è la conferma che Pupi Avati è uno dei due o tre più grandi registi italiani viventi, insieme a Bertolucci e a Olmi: la partita a poker è come un far west dove conta rimanere vivi alla fine del duello e dove non c'è spazio (o quasi) per i legami veri. Nonostante il film sia incentrato su cinque uomini (come sottolinea Delle Piane in una scena: "non potrei mai giocare a carte con una donna al tavolo") la donna c'è, e come. E' il motore della storia, è come un ideale posta in palio (altra affinità con i film western). Davvero eccezionali i cinque protagonisti, nessuno escluso: il sorprendente Diego Abatantuono, l'ambiguo Carlo Delle Piane, il fragile Alessandro Haber, il toccante (nonostante tutto) Gianni Cavina e il ritrovato George Eastman.
Questo è un film bellissimo.
Grandiosa la prova degli attori (primo film serio di Abbatantuono) e la regia di Pupi Avati.
Il senso di amarezza che ti lascia nel finale pochi film riescono a lasciartelo.
Da non perdere per chi ama il cinema italiano d'autore.
La storia può sembrare un pò lenta, ma è sostenuta bene, i personaggi sono veramente ben fatti (tranne uno: lo spillungone), la storia sembra verosimile fino alla fine, in cui si trova una concentrazione dei fatti, il tutto si risolve alla fine, ma in modo imprevisto e sicuramente molto apprezzabile (forse è il finale a rendere bello il film).
Molto bella la rappresentazione del gioco del poker fra amici, perchè verosimile.
E quindi anche la sua sceneggiatura.