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L'ospite inatteso

Opinioni presenti: 16
Media Voto: Media Voto: 8.5 (8.5/10)

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L'immigrazione made in usa

(9/10) Voto 9di 10

Molto poco filmico nel senso che non si usa l'eccessiva caratterizzazione dei personaggi per appassionare lo spettatore ma si lascia spazio ai problemi "normali" dell'immigrazione, quali la costante ricerca di documenti e carte, l'ufficio giusto e la comprensione (sempre assente) dei burocrati. Bravissimo Jenkins e un plauso anche a tutti gli altri. La storia non ha un happy-end e purtroppo il film, ma anche la nostra società, non riesce a dare una soluzione al problema che sarà sempre più pressante ed urgente negli anni a venire. I produttori hanno avuto un bel coraggio a farlo uscire in clima da cinepanettoni però spero che col passaparola questo film abbia l'attenzione che si merita. Voto 9



Massimo, 40 anni, Treviso.




l'ospite a sorpresa

(9/10) Voto 9di 10

I personaggi, tratteggiati con rara efficacia e delicata malinconia sono credibili e veri come l’interpretazione di Richard Jenkins, attore teatrale usato al cinema perlopiù come caratterista (vedi l’ultimo film dei fratelli Cohen), ma qui in un ruolo da protagonista che gli permette di esprimersi appieno. Dopo di lui citerei una vera scoperta, un’attrice magnifica di bellezza rara e classica come Hiam Abbass nella parte di Mouna. Ma anche gli altri attori, molti di nazionalità diversa, non sfigurano. Questa è una prima caratteristica positiva del film che dà compattezza al discorso. Il linguaggio e la sceneggiatura, quest’ultima sempre del regista McCarthy, lineari e sintetici, senza fronzoli, giocano molto su una fotografia raffinata e sulla attenzione a sfumature psicologiche che donano spessore ai contenuti e ai caratteri. Al centro della storia Walter Vale (R. Jenkins), insegnante di economia in una città di provincia; costui è un uomo di mezza età, spento e “routinario”, che ripete gesti e lavoro senza più passione per nulla. Appunto senza entusiasmo si reca a un convegno di studi a New York, dove ha mantenuto l’appartamento che abitava con la moglie ormai morta. Proprio lì, l’aspetta qualcosa di inatteso che muterà la sua esistenza. Nella sua casa vuota hanno trovato dimora due giovani stranieri, lui Tarek, siriano e la sua compagna senegalese Zainab. D’istinto il professore li fa sloggiare, poi, vedendoli frastornati e smarriti, li richiama e li ospita. Inizia così una convivenza improntata sulle prime a diffidenze e resistenze reciproche, specialmente da parte della senegalese che non si fida della disponibilità dello yankee. Tarek invece imbastisce quasi subito un rapporto con l’uomo, basandolo sull’amore comune per la musica. Sarà proprio questa a fare da galeotta nella nascita di un’amicizia vera, che tira fuori dalla grigia indifferenza il professore, tanto da fargli concepire un’autentica passione per il tamburo che Tarek gli insegna a suonare. Così i due finiscono per partecipare insieme ai concerti di artisti di strada al Central Park e a condividere il gusto per il kebab. La storia si svolge ricca di risvolti e situazioni ad alta emotività. Evitato il lieto fine, McCarty ci lascia su una nota di profonda malinconia ma di nuova consapevolezza da parte del protagonista. Ormai egli ha sperimentato che lo straniero non è necessariamente ostile e che ogni arabo non è un potenziale terrorista. Per Walter l’ospitalità che ha saputo dare si trasforma in una iniezione di vita mentre il ritmo del tamburo lo aiuta finalmente a superare il lutto della personalità e della coscienza, molto peggiore di quello della perdita di una persona.



Olga, 62 anni, Di comite (PG).




commovente

(8/10) Voto 8di 10

Film commovente e delicato, teatro al cinema. Come può cambiare l'opinione di una persona nei confronti di un'altra diversa da te, un uomo che odia il mondo, grazie alla conoscenza di un ragazzo, riesce a cambiare, diventando, in questo film, un uomo che aiuta il suo prossimo, cominciando dal più emarginato.



Francesca, 32 anni, Montesilvano (PE).




Una sorpresa inattesa

(8/10) Voto 8di 10

Finalmente un'idea originale per rappresentare il problema della clandestinità. Un film sincero, delicato, emozionante, che lascia un segno. E poi la rivelazione di Jenkins...un attore che purtroppo ancora non avevo incontrato.



Pciarl, 57 anni, Roma.




ottimamente recitato

(8/10) Voto 8di 10

Bel film, ottimamente recitato da tutti. spicca richard jenkins in quella che a mio parere è la sua migliore interpretazione in assoluto. il film è bello, come detto, ma anche tanto triste. forse perchè ambientato in un paese enorme come gli usa dove, quand'anche vi ci si trasferisse l'umanità intera, avanzerebbe ancora un sacco di posto...



Esmeralda, 42 anni, Milano.





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