E' passato un anno dall'ultimo Kim Ki-Duk, un tempo minimo per qualsiasi regista, tranne che per lui, che dal 1996 a oggi ha fatto la bellezza di quattordici lungometraggi (secondo alcuni, 13). E "Time" è un film singolare per il regista coreano, un film dove spariscono quasi del tutto i silenzi per dare spazio a dialoghi (orrendamente doppiati, ma questa è una costante per il cinema orientale) e scene serrate. Il risultato non è quello che ci si attende da uno dei maestri del cinema di questi anni: non tutto funziona, e manca il senso di risolutezza e compiutezza che marca film come "La Samaritana", "Primavera, Estate, Autunno..." o "Ferro 3" (e sono meno poetiche anche le scene "a campo lungo", isola delle statue esclusa). Inoltre, non convince il finale: e per chi ricorda quello della "Samaritana" è una vera delusione.
Detto questo, è sempre un film da vedere per chi si è interessato alle opere precedenti di Kim, e il soggetto è davvero bello e di esplosiva attualità (l'inadeguatezza estetica, la chirurgia, la trasformazione, la paura del tempo, anche tempo di una relazione, che passa). Direi 7,5 (arrotondo a 8 in attesa del solito che passerà di qui, non avrà visto il film ma comunque gli darà "1" perché è un "pa**oso film coreano").
Si può dire tutto, tranne che Kim Ki-Duk non sia il regista più originale e uno dei più bravi tecnicamente del panorama internazionale. Con un altro colpo di genio ci propone nel suo appuntamento per fortuna annuale una storia terribile sul tempo e l'amore.
Al centro una giovane coppia. Lei, per paura che lui non l'ami più, decide di rifarsi la faccia. Quindi scompare per sei mesi, poi riappare, diversa, cercando di sedurlo di nuovo. Lui (ovviamente) nn la riconosce e, seppure ancora influenzato dal ricordo della sua amata che lo ha abbandonato, cede, ma non del tutto.
Sembra che il tempo sia il filo conduttore di quest'inizio stagione. La riflessione di Kim Ki-Duk è delle più poetiche. Il tempo appiattisce tutto, elimina la novità, livella i contrasti e, nella mente della protagonista, l'amore. Lei decide di diventare un'altra persona, di indossare una maschera, ma l'amore folle va ben oltre e scoperto tutto anche lui, straziato, decide di cambiare, in una struttura perfettamente e surrealemente circolare con finale crudele per l'animo degli spettatori, ma eccezionale. Il tutto armonizzato in quell'atmosfera leggera e sognante tipica del regista di punta della "Nouvelle vague" sudcoreana, che nella tragedia non nega un sorriso ogni tanto.
Alla base del film, come spesso accade in Kim Ki-Duk, il rapporto interpersonale di colpa-espiazione. Ogni fase del film è l'espiazione per una colpa precedente. Il calvario di lui è l'espiazione per i suoi comportamenti, quello di lei per le sue manie e così via, fino alla suddetta tragica conclusione.
sara' che dalla serata mi aspettavo il solito film coreano/cinese /giapponese con lunghi silenzi,fotografia d'interni minimalisti e meravigliosi l'effetto sorpresa di beccarmi un film piu' che mai sguaiato su 2 fidanzatini innamorati e quindi annoiati dal tempo che passa e' stato un piacevole imprevisto.
Si potra' parlare di Magritte,e cinema francese da bar-( vedi "una relazione privata" scandita tra lo stesso caffe' e camere d'albergo) trattate con il dovuto umorismo dove i fidanzati senza pudori arrivano a svelarsi nelle loro reali paure;paura dell'abbandono.possessivita' morbosa,noia che sfocia nella piu' assurda tragedia.
Lavera pecca del film e' che per chi decide di uscire una sera con fidanzata ed amici in una noiosa serata di fine agosto tutto si aspetta tranne che di doversi beccare un stravagante trattato in immagini sul decorso di qualsiasi amore che dalla passione finisce nella morte passando per l'amore e soprattutto la noia.
Tutti cred vogliono continuare a farsi i loro bei film per camuffare una' realta' oggettivamente sempre uguale,nonostante cambino i luoghi,i giorni e le facce.
La prossima volta andro' dritto a vedermi un bel film d'orrore.
buona visione
anche se è un kim-ki duk diverso rispetto alla regia di ferro 3-la casa vuota, in cui la quasi totale assenza di dialoghi lasciava spazio a continue metafore, reputo questo film uno dei più suggestivi che abbia visto, unica l'ambientazione e i parallelismi con le sculture nell'isola in cui i personaggi si ritrovano, specie quella della mano..(chi l'ha visto sa di cosa parlo, chi non l'hai visto corra subito al cinema a scoprirlo). Film ricco di dialoghi e interpreti molto bravi, trama particolare, se posso permettermi darei un piccolo consiglio a chi non l'ha ancora visto: concentratevi bene sui volti di tutti i personaggi, fin dalle prime scene, perchè a noi occidentali sembrano spesso molto simili..
Assolutamente da non perdere, grande come sempre kim ki duk.