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L'uomo che non c'era

Opinioni presenti: 70
Media Voto: Media Voto: 9 (9/10)

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Da Beethoven al cinema: L'uomo che non c'era.

(9/10) Voto 9di 10

Anni 50, cittadina benestante e borghese, un mondo tranquillo: Tutto questo è la facciata di un ambiente turdato, sconvolto che tenta soluzioni che non può trovare. Il protagonista, interpretato da un irripetibile Thorthon, un barbiere, cerca di cambiare la sua vita ma è costretto ad un irrimediabile fallimento. In un bianco e nero che scandisce lo spazio, in un tempo scandito dagli adagi delle sonate per pianoforte di Beethoven si svolge la storia di un "uomo dei nostri tempi". Una sceneggiatura splendida e gli attori statuari danno vita ad un film eccellente. E che i fratelli Choen abbiano letto Gli Indifferenti di Moravia?



Giangi, 18 anni, Cagliari (CA).




Veramente un ottimo film

(10/10) Voto 10di 10

Una piccola perla



Sonia, 24 anni, Cagliari (CA).




I capelli continuano a crescere. Sono parte di noi, ma noi li tagliamo e li buttiamo nella spazzatura.”

(9/10) Voto 9di 10

Questo dice Ed Crane al suo cognato-capo nel negozio da barbiere, in cui, già quarantenne, lavora ancora come aiuto, mentre guarda la testa appena rasata di un ragazzino. Quel che di noi rimane dopo la morte sono le opere che abbiamo compiuto in vita. Tanto più immortali saremo, quanto più queste rimarranno immortali e saranno ricordate. Pensate ai grandi artisti: da vivi si sono più o meno distinti dalla massa e una volta passati a miglior vita sono rimasti degli esempi di perfezione e superiorità, continuando a vivere nelle loro opere, come se con queste avessero preparato in vita un corpo che permettesse alla loro anima di sopravvivere alla morte. Gli altri siamo noi, che vivremo solo nei ricordi dei nostri cari e dei nostri conoscenti. Condizione non sufficiente a farci rivivere più di un secolo. Quanti di noi infatti conoscono i propri avi, quelli dell’albero genealogico? L’avvocato ubriacone, la cui figlia Ed si dilettava tanto ad ascoltare mentre suonava il piano, “aveva un hobby, all’apparenza inutile, ma che gli occupava la maggior parte del tempo: passava tutto il giorno a far ricerche sui suoi avi. Costui è un avvocato mediocre, abituato a trattare con “ladri di polli”, incapace di difendere Doris Crane in un processo per omicidio. Ma il suo hobby era l’unica cosa che teneva in vita la sua stirpe. Il suo tentativo di passare alla storia, anche se in quel piccolo pianeta che è la sua famiglia. Per lui significava tanto quanto per Ed significava ascoltare la figlia suonare Behetoven. In realtà anche lei era priva di talento. “Segue così alla lettera lo spartito che ha un futuro come dattilografa, non ci mette cuore” gli dice un noto maestro di piano. E cosi la vita di Crane si trascina, incanalata sul suo binario dritto. l’alzarsi la mattina e saper cosa fare fino a sera, tanto da divenire preveggente. Niente imprevisti ad eccezione delle noiose cene in cui la moglie lo trascina e a cui lui partecipa alienato. Una vita condotta in bianco e nero, senza passioni, appunto come i colori di questo spendido noir, nel quale naturalmente, si fuma come turchi, c’è un narratore ma non ci sono ottoni, solo piano. Cosa resterà di lui dopo la sua morte? Nulla. Come se non fosse mai nato, un’uomo che appunto non è mai esistito. Ma quando il destino si presenta nel suo salone da barbiere sotto le vesti di Craighton Tolliver, imprenditore poco raccomandabile in cerca di un socio, Ed è intenzionato a cogliere l’occasione della sua vita e per racimolare i 10.000 dollari che gli servono, ricatta anonimamente il capo della moglie, non che suo amante. Ma il suo destino era quello di bruciare piano. E quando vuol bruciare in fretta la sua vita entra in un circolo che produce un’unica ma breve fiammata che distrugge la sua vita e quella di chi gli sta attorno. Scene cult: l’avvocato che passeggia su e giu tra le ombre della prigione. La sottolineazione della solitudine del protagonista che cammina in strada mentre tutti gli altri vanno nella direzione opposta.



Tino, 27 anni, Carapelle (FG).




ottimo

(8/10) Voto 8di 10

bene, questo è un film da perderci le giornate se uno se lo vuole analizzare per bene. ottima filosofia, ottimo monologo, ottima la scena finale, ottimi i colpi di scena, ottima fotografia, e ottimo quel bianco e nero che fa vecchio... insomma dei grandi autori sti due.



Stefano, 19 anni, Casaleone (VR).




impeccabile

(9/10) Voto 9di 10

la costruzione narrativa del film è impeccabile. c'è il giusto alternarsi di conseguenze che ti aspetti e quelle che invece no. la scelta del b/n è azzeccatissima. un solo pezzo musicale fa' da colonna sonora in maniera più che egregia. gli spunti di riflessione sono moltissimi. una sola scelta "sbagliata" può portare ad un susseguirsi di eventi inimmaginabile. e quanto può costarci la nostra freddezza? quanto può costarci una vita in un angolo, a cui si e cerca di rimediare quando oramai è troppo tardi? quanto sono sottili i confini dei nostri giudizi morali? un film che nonostante la mia seriosa recensione può persino essere definito comico, sotto certi aspetti, ed è più "leggero" di quello che sembra ma in maniera intelligente



Riccardo, 31 anni, Castellamonte (TO).





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