Senza cercare di razionalizzare troppo ciò che il regista voleva trasmettere (cosa mai ci autorizzerebbe a farlo?), non posso far altro che esprimere l'emozione provata nel vedere un film davvero opera d'arte (come se ne trovano - rammarichiamocene - pochi). Film in cui spicca una fotografia fredda, glaciale ed intensissima, e la meravigliosa interpretazione di un attore-bambino (il più piccolo dei figli). Grazie al regista russo, ed alla sua capacità di ricordarci ancora una volta quale valore possa avere il cinema in un mondo che non vuole concederci il tempo di cui avremmo bisogno. Magnifica l'immagine del padre ritornato, disteso sul letto come il Cristo morto del Mantegna.
In tempi di “invasioni barbariche” dove si spaccia per capolavoro un discreto film come il “Rocky in gonnella” di Clint Eastwood, il Ritorno e’ un film di valore assoluto per la sua poesia e forza espressiva. Zvyagintsev, sulla base di una solida sceneggiatura solo in apparenza semplice, lavora per sottrazione realizzando un film rigoroso, di profonde suggestioni, di grandi scenari ipnotici e dilatati che si mostrano alla visione innanzitutto come scenari dell’ anima come nel miglior cinema di Tarkovskij o Herzog . Un’ opera prima lenta e incalzante come un thriller, dura come la furia degli elementi che si abbatte sui protagonisti e intensa come lo sguardo del piccolo protagonista alla ricerca di un affetto paterno che non riconosce nell'uomo piombato improvvisamente nella sua vita e che dice di essere suo padre. Ivan Dobronravov nel ruolo del piccolo Vanya ha mostrato davvero uno straordinario talento, la sua è una tra le migliori interpretazioni degli ultimi anni.
Dopo Alexandr Sokurov (quando i suoi lavori avranno anche in Italia distribuzione in dvd?), la Russia potrebbe aver trovato in Andrey Zvyagintsev un nuovo importante regista che al suo esordio dietro la macchina da presa realizza un’ opera di grande valore artistico, vivamente consigliata a chi non ha paura di interrogarsi e riflettere su ciò che vede.
Meritatissimo Leone d’oro a Venezia 60.
Ho aspettato a lungo di poter vedere il famoso e contestato vincitore dell'ultimo festival di Venezia per capire la preferenza assegnatagli ai danni dell' acclamato film di Bellocchio. La delusione, sebbene il mio approccio al film fosse quanto meno ottimista, è stata veramente grande:il film, infatti, è un' opera di un estetismo e un formalismo ineccepibile ma l'anima della storia e la drammaticità che in essa dovrebbe aleggiare non compare in nessun fotogramma del film che resta glaciale e algido come molti degli stupendi scenari in cui esso è ambientato. Premesso che neanche Buongiorno Notte di Bellocchio mi ha completamente convinto, il dubbio che il Leone d'oro sia stato dato, come spesso purtroppo accade nei festival cinematografici più importanti, per ragioni che travalicano la qualità intrinseca del film non può che accompagnare lo spettatore all' uscita dal cinema.....
Noioso, vuoto e insensato. E' questa l'impressione che potrebbe emergere da una prima e superficiale lettura del film. Eppure mi ha tenuta incollata alla tv tutto il tempo, perchè era ovvio che dietro a quel vuoto apparente in realtà si celasse qualcosa di ben più profondo. L'ho visto e rivisto, studiato in ogni minimo dettaglio, mi ha colpito veramente tanto. Silenzi che trasmettono emozioni più forti delle parole. Luoghi surreali ma incredibilmente azzeccati. Azioni apparentemente incomprensibili ma incredibilmente profonde. Un film che lascia aperte più interpretazioni, un film che punta sulla riflessione, un film in cui le emozioni emergono da qualsiasi elemento. Un film che forse non tutti ameranno o sapranno apprezzare, ma che per qualcuno potrà valere tantissimo.