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Il ritorno

Opinioni presenti: 44
Media Voto: Media Voto: 7.5 (7.5/10)

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Un film straordinario dove l'irreale e il reale diventano una cosa sola.

(9/10) Voto 9di 10

Noioso, vuoto e insensato. E' questa l'impressione che potrebbe emergere da una prima e superficiale lettura del film. Eppure mi ha tenuta incollata alla tv tutto il tempo, perchè era ovvio che dietro a quel vuoto apparente in realtà si celasse qualcosa di ben più profondo. L'ho visto e rivisto, studiato in ogni minimo dettaglio, mi ha colpito veramente tanto. Silenzi che trasmettono emozioni più forti delle parole. Luoghi surreali ma incredibilmente azzeccati. Azioni apparentemente incomprensibili ma incredibilmente profonde. Un film che lascia aperte più interpretazioni, un film che punta sulla riflessione, un film in cui le emozioni emergono da qualsiasi elemento. Un film che forse non tutti ameranno o sapranno apprezzare, ma che per qualcuno potrà valere tantissimo.



Lucia, 17 anni, Marche.




Ottimo

(9/10) Voto 9di 10

un signor film. straordinaria la fotografia e l'interpretazione del bambino più piccolo.



Giulia, 21 anni, Cagliari.




La vita non è un videogame

(9/10) Voto 9di 10

Splendido film che ritrae come protagonisti personaggi veri, contesti di luci e di ombre. e' vero che la pellicola appare incentrata sul difficile processo maturativo dei 2 ragazzi, ma anche sulle difficoltà di esercizio del ruolo genitoriale. e' un film rorschach: ognuno può vederci quello che ha bisogno di proiettarci. c'è chi vede ragazzi viziati e chi vede padri rigidi e burberi. in realtà il film invia tanti messaggi:dalla parte dei ragazzi la crescita emotivo-affettiva è in salita ed è dura;dalla parte dei genitori non è un processo che può essere allestito in poco tempo e frettolosamente. inoltre il passato dei genitori non può essere oggetto di sommari processi da parte dei figli. ognuno può far interagire la propria migliore affettività con la parte migliore che ci viene offerta dagli altri e soprattutto la vita non è un videogame nel quale è concesso sbagliare all'infinito. gli errori se non vengono pagati dai nostri genitori, alla fine siamo noi stessi a scontarli. non sempre ci è dato di avere una fata turchina che viene in nostro soccorso. il tempo per crescere e maturare è limitato e non andrebbe sprecato in ripetitive conflittualità nevrotiche.



Matteo, 48 anni, Trani (BA).




Il silenzio, chiave del mistero

(9/10) Voto 9di 10

Quando un film mi piace so dire quasi subito il perchè. Per questo invece ho dovuto aspettare un po'. Come uno che ha avuto un'emozione fortissima ed ha dovuto prendersi tempo per rielaborarla. Sì, la posta in gioco è troppo intensa, è un nucleo primigenio fatto di rapporti genitoriali, filiali, l'odio, l'amore, da dove veniamo, dove andiamo, chi siamo. E siccome tutto questo è mistero, la cifra fondamentale del film è appunto il mistero. Non escluderei in questo senso la chiave religiosa, anche se non in modo così esplicito come chi ha visto nel padre Gesù. Ma piuttosto come mistero dell'uomo che rimanda a qualcos'altro. Non per nulla una delle suggestioni del film è l'alternarsi alto-basso (all'inizio ed alla fine).Vorrei dire a chi si è annoiato: imparate dal film l'arte del silenzio, praticatela ogni tanto in questo mondo dai rumori (e dalle immagini) così assordanti - da cui per un paio d'ore Zvyagintsev ci fa uscire. E poi provate a rivederlo.



Marilena, 52 anni, Catania.




Essenziale e convincente...

(9/10) Voto 9di 10

Forse un film non può narrare storie di vita vissuta, fin troppo? Forse deve dire tutto? Non è possibile lasciare spazio all'immaginazione di ogni fruitore, facendo sì che si facciano largo nella visione di ognuno innumerevoli opinioni su ciò che con le immagini ci è stato raccontato? Beh in questo sicuramente il nostro regista dal nome pressoché impronunciabile è stato un maestro, sicuramente chi ama la purezza dell'immagine scevra da qualsivoglia effetto speciale e spettacolare e da qualunque espediente volto a impressionare o commuovere a tutti i costi lo spettatore avrà apprezzato o apprezzerà l'opera prima del vincitore del Leone d'oro 2003. Intanto non sono d'accordo con chi ha gridato allo scandalo (forse per questioni campanilistiche e patriottistiche) per la mancata assegnazione del pur ottimo film di Bellocchio su Aldo Moro che ha coinciso con la meritata affermazione dello sconosciuto cineasta dell'ex Unione Sovietica. Poi devo dire che ho avuto un forte moto di commozione quando dopo aver visto il film in dvd ieri sera ho letto della prematura morte di uno dei due ragazzi protagonisti, dopo la fine delle riprese...avevo ammirato veramente il pathos con cui i due bravi attori fornivano una prova di alta recitazione, nonché la altrettanto splendida interpretazione del padre. Inquadrando i personaggi centrali cerchiamo di leggere il film. La madre, affettuosa e premurosa col piccolo Ivan, remissiva nei confronti del marito tornato dopo un'assenza di 12 anni, ne nasconde l'identità e il perché di un allontanamento così lungo; non so per quale motivo compare poco nel film...piuttosto me ne rammarico perché è una gran bella donna...:-))) Il padre, forte, apparentemente sicuro di sé, ricco, duro con i figli che vorrebbe diventassero duri come lui forgiandosi così al mondo, imparando le regole del vivere comune nonché il modo di comportarsi in situazioni di emergenza (molto frequenti durante il lungometraggio), diventa alla fine un esempio di sacrificio e di amore nei confronti del figlio minore, come non lo aveva mai dimostrato lungo tutto il viaggio. Andrej, fratello maggiore educato ed obbediente ai voleri del genitore quasi dispotico, apparentemente meno perspicace di suo fratello minore anche se più scherzoso, nel finale dimostra veramente un attaccamento alla famiglia (in quel caso nella persona di Ivan) e uno spirito di sacrificio non comuni. Infine Ivan, il fratello piccolo, che all'inizio del film mostra insofferenza agli sfottò dei compagni, che a tutti i costi non vuole abbassare la testa, mostrando la stessa insofferenza agli ordini del papà, che prima timidamente lascia trasparire propositi di vendetta comunicati ad Andrej, poi si sfoga nella voglia di liberarsi di suo padre, del viaggio, dell'isola e forse della sua stessa vita ma soprattutto di dimostrare a quello che per lui è tutto il mondo (ridotto in quel momento a 2 persone) il suo coraggio, mostra pentimento e dolore che non aveva riconosciuto prima in sé.



Francesco, 34 anni, Roma (RM).





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