Come al solito, Kitano fa della stranezza e della non convenzionalità la sua arma vincente. Questa specie di thriller è senza dubbio interessante ed è caratterizzato da alcune trovate registiche interessanti (la sparatoria in ascensore) e, come sempre, altre decisamente poco convincenti (il balletto sulla spiaggia in primis). Ne scaturisce un film accettabile, troppo lento a tratti e con qualche punta di noia, ma, nel complesso, una pellicola interessante. Ritenerlo il capolavoro di Kitano, però, mi sembra un azzardo.
Mi unisco ad Alberto, il film è noioso e lento, anche se lo spunto è buono così come lo sono alcune scene. Takeshi Kitano produce films molto particolari che secondo me devono piacere prima di tutto a lui (non a caso fa sempre il protagonista). Ma questo non vuol dire che deve piacere per forza anche al pubblico, e che siccome il film è "strano" lo si deve interpretare come un capolavoro cercando significati reconditi o interpretazioni improbabili delle scene, anche perchè magari lo dice qualcun'altro (questo vale anche per tutti i flop di molti altri registi/attori famosi). Molto sopravvalutato
Questo film non mi è piaciuto per niente. Un'ora e mezzo che sembra durare il doppio, noioso e con tanti tempi morti. Sarò anche una stecca nel coro, ma considero questo film troppo sopravvalutato, come troppo sopravvalutato è il suo regista.
Film molto bello anche se credo che "Brother" sia ancora un gradino superiore. Raramente, comunque, ho visto un regista così capace di interagire con lo spazio circostante e con i paesaggi come Kitano. Le scene girate nelle lande sperdute di Okinawa sono tutte bellissime, in particolare la battaglia dei fuochi d'artificio sulla spiaggia in notturna. Fantastica, poi, la scena in cui Murakawa e la prostituta sono chinati con le spalle appoggiate alla barca sulla spiaggia e davanti a loro lo scagnozzo di Murakawa viene freddato dal sicario con un colpo alla testa.
Gran bel film con un finale inaspettato. Da vedere.
Kitano parla della vita giocandoci, cerca di mutare il significato di alcune situazioni, cioé di modificare l'impatto che certe immagini possono dare agli occhi dello spettatore. Una scena violenta, una scena di sesso, una scena di gioco, diventano scene in cui si "intuisce" la violenza, il sesso, il gioco, temi che in alcune situazioni transitano velocemente nella testa di chi le osserva perché modificando i rapporti oggettuali della composizione visiva, attraverso gli scenari paradossali, le battute le immagini dissonanti,il particolare uso della camera e del montaggio, kitano non si limita a cambiare i contesti semantici ma li svuota effettivamente di quella carica comunicativa che avrebbero in un ambito normale di osservazione.
Il suo cinema acquista un valore differente e risulta estremamente divertente e interessante guardare i suoi film seguendo le sue regole, i suoi dettami, assecondare lo sguardo implacabile, quelle lunghe riprese a camera fissa, dissertazioni sul tempo, e sulla volontà di rapinare la vita di un po' del suo senso, di un po'della sua platealità da blockbuster.
Il bello é che in questo palleggio di significati che spediscono l'immaginazione verso lunghi e frequenti viaggi pindarici, kitano vuole farci pensare, anzi preferisce se per un attimo leviamo lo sguardo dallo schermo per osservare il buio che c'é intorno e in seguito rammentarci che non si gioca con le pistole, in una bambinesca espressione di sorriso, tanto ingenua e vitale da imprimerla anche sul nostro volto.
Del resto ne ha fatti di megliori.