Basterebbe soffermarsi qualche secondo in più sul fotogramma iniziale del film per scorgere in quella foto in bianco e nero lo stesso Noah Cross violentare sua figlia Evelyn. Ma essendo il film incentrato sul concetto di non vedere, ciò non è possibile.
Omaggio ai film noir anni '30 come ce ne sono pochi, con toni caldi, l'uso frequentissimo del fumo della sigaretta, le veneziane che danno quell'effetto di gabbia nello studio di Gittes e la femme fatale che è persa nel suo triste destino.
Film pieno di simboli, il concetto di non vedere che caratteriza il nostro "antieroe" è rappresentato attraverso il ritrovamento delle lenti crinate. Gittes è vicinissimo alla soluzione del delitto e non riesce ad afferrarlo proprio per la sua incapacità di vedere al di là dei fatti. Anche il suo naso, senso che si rifà al fiuto, viene rotto più di una volta come a ribadire che il suo intuito sarà vano per lo svolgersi della vicenda.
Altro grande simbolo, tipico elemento presente nel cinema di Polanski è l'acqua. Da sempre nei suoi film l'acqua è simbolo di femminilità e fertilità. In Chinatown esso rappresenta il motore della vicenda, il magnate Noah Cross(Noah=Noè altro riferimento) violenta sua figlia come violenta l'acqua della città. Entrambi sono cose che gli appartengono.
Polanski cerca la catarsi dello spettatore, la sua indignazione.
E' indispensabile non punire il cattivo ma adottare i codici visivi del dramma, dilungandosi qualche secondo in più sulle grida spasmodiche dell'innocente Katherine, in una delle inquadrature più disperate: il sangue brilla nell'auto, risaltando sull'abito bianco della ragazza.
Ogni sforzo è inutile a Chinatown....
Un bel film in cui il detective Gittes da un semplice caso di adulterio si ritrova coinvolto in una serie di intrighi e di verità scomode che stentano ad emergere. Jack Nicholson secondo me ha recitato benissimo, sicuramente la migliore interpretazione del film in questione. Finale triste ma quasi inevitabile (almeno a me sembrava strano che Evelyn e sua sorella-figlia riuscissero a fuggire con cosi tanta facilità). Inutile ripetere altre cose visto che è stato già detto tutto negli altri commenti. Senza dubbio un film da vedere.
Ho sempre nutrito forti perplessita' sul cinema di Roman Polansky. Le sue storie pur raccontate con indubbia professionalità non hanno mai il dono di quello scarto che deve necessariamente esistere fra aspettative di chi guarda e sviluppo della vicenda narrata. Così sono rimasto indifferente a film cosiderati capolavori del cinema come "Rosemary's baby","Per favore non mordermi sul collo",e purtroppo anche come "Chinatown". Non ci si sorprende mai , tutto è come lo spettatore si era immaginato prima di entrare in sala : non esiste un briciolo di (vero) delirio nella sua poetica che spesso (o forse proprio per questo) chiama a raccolta demoni e streghe sempre così terreni (mi verrebbe da dire terragni ma lasciamo perdere)che organizzano sabba dai cui pentoloni esce sempre più fumo che arrosto. "Chinatown" ha il merito di sfruttare un attore come Nicholson , che anche allora , nella sua fase "contestataria" faceva molta cassetta ,di valersi di una buona ricostruzione d'epoca ispirata ai noir degli anni 40 (ma più ad un film così piatto come "Il mistero del falco" , privo di autentici colpi di scena che ad autentici capolavori di ritmo e tensione come "La fiamma del peccato" o "Il grande caldo") e di una scenegiatura di Robert Towne che perlomeno non dimostra di possedere buchi. Ma quello che tradisce è lo sguardo di Polansky, che rimane sempre alla superficie delle cose e non scava in cunicoli di morbosità che sembrerebbero ben più ampi (e che un Aldrich avrebbe sicuramente gestito meglio come aveva dimostrato in "Grissom Gang" di pochi anni prima).