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Tabł - Gohatto

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Media Voto: Media Voto: 8 (8/10)

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Oshima strikes back

(8/10) Voto 8di 10

Dopo "L'impero dei sensi", un vero e proprio capolavoro della cinematografia mondiale, Oshima dirige un film etereo ed al contempo brutalmente scarno, con le musiche di Ryuichi Sakamoto ed attori del calibro di "beat" Takeshi, Tadanobu Asano e Shinji Takeda. Da un qualunque regista made in Hollywood, ci si aspetterebbe un mix di ottimi elementi assoriti in salsa storica e servito su un piatto sfarzoso, ma il solito Nagisa Oshima prende in mano le redini del film e detta legge e partendo direttamente da elementi storici ben radicati, sfora nell'immaginario senza neppure farcelo sentire...Tutto sembra normale, un clan di samurai, situazione statica, entra l'elemento dinamico, un giovincello effeminato che porterà alla rovina il suo clan, causandone uccisioni all'interno per guadagnarsi i suoi favori...Ma...Ma, ad un quarto d'ora dalla fine del film, ti accorgi che Sozaburo Kano in realtà è lo spettro della pulsione sessuale, del "tabù" che è racchiuso in tutti noi ed ucciderlo non è affatto così facile come sembra; vedi una serie di scene alternative, sogni dentro ad un sogno che ti scorrono davanti, un ciliegio fiorito d'inverno, reciso da un Takeshi Kitano che sembra chiudere la scena come un attore del teatro No...Il film di partenza, lineare ed accattivante, ma come tanti se vogliamo, si evolve in dramma psicologico unico nel suo genere, senza neanche farcelo percepire (ed è sicuramente questa la miglior dote di Oshima). Un ciliegio reciso; la bellezza di Kano, recisa perchè in eccessivo contrasto con la neve del clan, l'era d'oro del Giappone, recisa dalla restaurazione Meiji e dall'apertura all'Occidente, tutti i nostri sentimenti più intimi, quelli del nostro subconscio, recisi dalla nostra coscienza che ci obbliga ad essere neve volgare e non etereo ciliegio. "Non far crescere mai nel tuo giardino i salici che mettono germogli verdi all'arrivo della primavera. Non legarti a una persona dal cuore volubile. I salici crescono subito ma non resistono al primo soffio del vento d'autunno; le persone volubili si legano con facilità ma se ne vanno presto e se i salici rinnovano il loro colore a ogni primavera, una persona infedele non farà più ritorno" così scrive, in uno dei suoi racconti + belli, Ueda Akinari e viene citato (anche strumentalizzato se vogliamo, ma lo stesso Akinari ne sarebbe felice) dal samurai Okita; ma i dettami iniziali di Akinari, un po' come il Bushido sono troppo ferrei per l'essere umano, che è naturalmente portato ad annegare nei suoi tabù spudoratamente, a lasciarsi trascinare dalle sue passioni e difficilmente riesce a reciderle così facilmente. Il finale in Akinari, ad esempio, dimostra quanto le passioni possano durare anche dopo la morte. Gohatto, invece, propone una loro recisione, ma se essa valga come catarsi o come annientamento della volontà, questo è a libera interpretazione dello spettatore.



Luca, 20 anni, Massa Lubrense (NA).




Il male nell'essere.

(8/10) Voto 8di 10

Questo film non si può racchiudere nella realtà storica del tempo. Straziante e col turbante, il Giappone è nella guerra per il possesso di se stesso. Il regista descrive con sapienza e pazienza il futuro, adesso, e il passato. Non l'omosessualità è la denuncia di una società che ama se stessa, ma un ramoscello che cade a piede libero. Male di una società che è l'estero del male in quanto interno. Il male non si vede perchè non è mai accanto a noi, ma è dentro di noi. Fotografia e immagini da libro, quello della nostra vita.



Simone, 19 anni, Roma.




L'ordine sovvertito

(8/10) Voto 8di 10

Gohatto è un film forse non facile, di primo acchito, impregnato com'è di una sensibilità - estetica e narrativa - spiccatamente giapponese. Ma una volta entrati nello spirito di questa storia ambigua e onirica, si scopre che l'aderenza a stilemi tipicamente nipponici può essere benissimo vista come una scelta tutt'altro che conservatrice. Infatti in un'ambientazione "classica", esteticamente raffinatissima, con scene inframezzate da ideogrammi letti da un narratore (ma è facile supporre che in orignale questi fotogrammi fossero muti) in cui si ritrovano le più tipiche cadenze della prosa del Sol Levante, Oshima rappresenta la definitiva crisi delle convenzioni e delle regole. Il personaggio di Kano è, oltre che uno "scandaloso" oggetto del desiderio, un'ulteriore, forte colpo ad un sistema antico che già sta vacillando. Infatti il film è ambientato a metà '800, quando il Giappone stava per uscire da secoli di isolamento nei confronti dell'occidente e si aggrappava alle proprie tradizioni e istituzioni. La presenza di Kano scatena l'inquietudine, la violenza, la morte, e quindi infrange le rigide norme che regolano la gloriosa Shinsen-gumi, ormai in decadenza. Seguiamo questa storia, al contempo tragica e ironica, con gli occhi di Hijikata - impersonato da un efficace Takeshi Kitano - che pare essere l'unico a mantenere un punto di vista imparziale sul succedersi degli eventi, ma che comunque alla fine non riuscirà a trovare una soluzione soddisfacente ai suoi dubbi e ai suoi timori rimanendo, come gli spettatori, sospeso tra tante verità.



Elisa, 19 anni, Padova.





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