Bello. Interpretazioni convincenti, attori azzeccati, climax credibile. Oshima torna al cinema dopo anni di tivù. Kitano è in uno dei tanti ruoli da comprimario in film altrui. Vedetelo.
Questo film non si può racchiudere nella realtà storica del tempo. Straziante e col turbante, il Giappone è nella guerra per il possesso di se stesso. Il regista descrive con sapienza e pazienza il futuro, adesso, e il passato. Non l'omosessualità è la denuncia di una società che ama se stessa, ma un ramoscello che cade a piede libero. Male di una società che è l'estero del male in quanto interno. Il male non si vede perchè non è mai accanto a noi, ma è dentro di noi. Fotografia e immagini da libro, quello della nostra vita.
Gohatto è un film forse non facile, di primo acchito, impregnato com'è di una sensibilità - estetica e narrativa - spiccatamente giapponese. Ma una volta entrati nello spirito di questa storia ambigua e onirica, si scopre che l'aderenza a stilemi tipicamente nipponici può essere benissimo vista come una scelta tutt'altro che conservatrice. Infatti in un'ambientazione "classica", esteticamente raffinatissima, con scene inframezzate da ideogrammi letti da un narratore (ma è facile supporre che in orignale questi fotogrammi fossero muti) in cui si ritrovano le più tipiche cadenze della prosa del Sol Levante, Oshima rappresenta la definitiva crisi delle convenzioni e delle regole. Il personaggio di Kano è, oltre che uno "scandaloso" oggetto del desiderio, un'ulteriore, forte colpo ad un sistema antico che già sta vacillando. Infatti il film è ambientato a metà '800, quando il Giappone stava per uscire da secoli di isolamento nei confronti dell'occidente e si aggrappava alle proprie tradizioni e istituzioni. La presenza di Kano scatena l'inquietudine, la violenza, la morte, e quindi infrange le rigide norme che regolano la gloriosa Shinsen-gumi, ormai in decadenza. Seguiamo questa storia, al contempo tragica e ironica, con gli occhi di Hijikata - impersonato da un efficace Takeshi Kitano - che pare essere l'unico a mantenere un punto di vista imparziale sul succedersi degli eventi, ma che comunque alla fine non riuscirà a trovare una soluzione soddisfacente ai suoi dubbi e ai suoi timori rimanendo, come gli spettatori, sospeso tra tante verità.