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Ó Paí, Ó
Il Brasile è sempre in grado di esercitare sugli italiani un grandissimo fascino, con le sue atmosfere, i suoi suoni, i paesaggi e i tipi umani molto spesso solo immaginati o sognati attraverso il grande schermo. O pai o (letteralmente dal portoghese "ma guarda un po’!") trascina gli spettatori in quella dimensione magica, colorata ed esotica, eppure estremamente reale.
"O pai o" è ambientato a Bahia, in un quartiere popolare, proprio a ridosso dello svolgimento del carnevale. Un momento dunque in cui gli abitanti di questa meravigliosa città si preparano con eccitazione al culmine del calendario brasiliano, con decorazioni, carri e naturalmente, con la ricerca dell’amore e dell’anima gemella. In questo panorama emerge con forza l’anima "nera" di Bahia, la sua origine etiope e il suo legame con ritmi e balli trasformati dal tempo e dalla distanza, ma uniti a doppio filo con il continente africano.
La vicenda di "O pai o" ruota intorno ad un condominio ed alla sua dispotica e bigotta proprietaria, che in piena estate (stiamo parlando ovviamente di emisfero sud) nega l’acqua ai suoi inquilini morosi. Attorno a questo palazzo si affolla un universo di personaggi interessanti e pittoreschi, ciascuno con una propria storia molto caratterizzata. Tra tutti spicca il falegname (non a caso un attore molto famoso in Brasile), di grande bellezza e prestanza fisica, in grado non soltanto di recitare in maniera efficace, ma anche provetto ballerino e cantante dalle sonorità molto potenti... bisogna vederlo per crederci, purtroppo non esiste nulla di paragonabile in Italia.
Un film gioioso dunque, eppure tra le pieghe delle canzoni (in fondo è anche un musical) si nascondono molti disagi: la povertà, il dolore dell’emigrazione e del ritorno, il razzismo e la violenza di un potere che porta alla morte gli innocenti. Questo non stupisca: la danza e la festa sono i modi più antichi per combattere il male di vivere di chi fatica ad andare avanti.
Non sono molti i bianchi presenti in questa pellicola, ma si tratta di personaggi decisamente negativi. Uno in particolare è uno spacciatore di droga, sorpreso di trovarsi in un quartiere "di santi" che si riufiutano di portare avanti il suo sporco lavoro. Il suo razzismo gretto e virulento trova però una salda opposizione proprio nel falegname "negro" che ripete in modo toccante il monologo di Shylock dal Mercante di Venezia, autentico capolavoro della tolleranza e della pari dignità degli esseri umani. Un lavoro dunque completo e interessante, che unisce diversi temi e forme espressive, legandoli insieme in modo autentico e naturale al tempo stesso.
La frase: "Ma in questo quartiere nessuno si fa mai i fatti propri?".
Mauro Corso
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