Hanna Flanders

Un film in bilico fra biografia e autobiografia, tra realtà ed allegoria. L'ultimo film del regista tedesco Oskar Roehler è un ritratto di donna, nato dal desiderio di parlare del travaglio interiore di una artista ma anche di una donna e madre.
Figlio degli scrittori Gisela Elsner e Klaus Roehler, il regista porta sullo schermo una parte della sua storia personale, raccontando gli ultimi giorni di vita della celebre madre, morta nel 1992 in totale isolamento.
Attraverso il personaggio di Hanna Flanders, Roehler disvela l'interiorità di una donna sofferente e non più in grado di affrontare i grandi cambiamenti politici e sociali del suo paese.

Raggiunta ormai la mezza età, Hanna Flanders vive da sola in un elegante appartamento a Monaco di Baviera. La sua fama si è un pò sbiadita e l'abuso di medicinali e sigarette hanno fatto il resto. Ma l'autunno del 1989 le riserva un colpo ancora peggiore: la caduta del muro di Berlino. La Germania riunita è per lei la fine di un ideale: attivista di sinistra, ha sempre confidato nella superiorità del proprio paese, pur avendo trascorso la maggior parte della sua vita tra i lussi capitalistici dell'occidente.
Pronta a tornare in superficie e ritrovare il successo di un tempo, decide di trasferirsi a Berlino, dove tenta di riallacciare i rapporti con il figlio Viktor e con l'amante di un tempo, Joachim. Ma allontanatasi dal mondo, ora è il mondo ad allontanarla. Sola e ancor più affranta torna a Monaco e senza neppure il sostegno del proprio fisico, troppo provato dai vizi di una vita intera, si lascia cadere nel baratro di una disperata solitudine.

Girato interamente in bianco e nero il film di Roehler sembra ispirarsi alle tragedie greche in cui ogni personaggio è simbolo.
Lo è certamente la sua Hanna, donna di mezza età assolutamente incapace di resistere al cambiamento come anche alla solitudine, perennemente nascosta dietro il fumo di una sigaretta o sotto il folto d'una parrucca nera. Ma sopratutto simbolo di una madre che lo abbandonò ancora piccolo e della sua follia esasperata dalla franchezza e spontaneità senza compromessi, che la rese vulnerabile di fronte alla durezza di un mondo costantemente mutevole.
Incessante oltre che simbolico anche il viaggio da Monaco a Berlino a Norimberga, attraverso il quale Hanna ripercorre la sua vita ritrovando il figlio, l'ex-marito o l'amante e perdendoli di nuovo tutti, per ricadere nello straniamento di sempre.

Valeria Chiari

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