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Non sono io
In seguito ad un oscuro fatto di mafia, Matteo fugge dalla Sicilia e si rifugia in Polonia, a Lodz, dove Mario, vecchio amico dello zio, lo aiuta a rifarsi una vita. Matteo lavora come cuoco nel ristorante di Mario, e qui conosce Ewa, la cameriera. Fra i due l'intesa non tarda ad arrivare, ma i "problemi" che Matteo si rifiuta di affrontare lo perseguitano e lo costringono a prendere una decisione: fuggire di nuovo o affrontare finalmente la vita?
Il debutto nel lungometraggio del regista non è dei migliori. Da un uomo poco più che quarantenne sinceramente ci si aspettava di più. Quella che racconta è una storia di mafia e di paura come tante altre, senza nessuno sprazzo di innovazione, né nella trama né nei ritrovati tecnici. Di film così se ne trovano a decine, soprattutto se si riguarda agli anni '60-'70, in cui i B-movie la facevano da padrone. La pellicola sembra girata verso la fine degli anni '80, e non solo per i vestiti dei protagonisti, veramente poco probabili, ma per tutta l'ambientazione. Non convince, in verità neppure la storia: quale ragazzo inseguito da boss malavitosi si rifugia in Polonia? E poi come ha fatto ad arrivarci senza soldi né documenti? I dialoghi poi, sono un altro punto dolente: dialetti poco probabili, espressioni oramai fuori uso, rivalità linguistiche superate. Le scenografie sono di una tristezza esasperante, sono claustrofobiche, gli ambienti sono sempre poco illuminati, non si capisce bene in che stagione ci si trovi (a volte il protagonista esce in maniche di camicia, altre con una giacca di montone), non c'è un solo panorama che valga la pena di essere ricordato. La cosa peggiore, però è la continua voglia di suscitare pathos nello spettatore. Lo si mette di fronte a strade fin troppo squallide, a ragazzini che vivono per strada in condizioni di sfacelo, a uomini distrutti per l'amore di una donna. L'esagerazione in questo film, regna sovrana: solo perché un delinquente polacco lo chiama "Corleone, mafioso" Matteo vorrebbe ucciderlo; per non farsi importunare dai vari ragazzi (che però non si vedono mai!) che le fanno la corte, Ewa inventa un finto fidanzato; per farsi perdonare dalla moglie che lo ha lasciato BEN SETTE ANNI PRIMA, Mario si reca quasi ogni giorno davanti al suo negozio per proporle di tornare insieme (sic!); i mafiosi sparano nel bel mezzo di un cortile, senza preoccuparsi delle conseguenze. Per riaggiustare il tiro, potrei dire che è un film destinato a diventare un cult movie, ma non posso farlo: non è né troppo grottesco, né troppo stupido. È solo un film destinato ad essere dimenticato prima di essere conosciuto.
Teresa Lavanga
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