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Nero infinito







Se consideriamo, tra le altre, le sue partecipazioni al low budget "DeKronos - Il demone del tempo" (2005) di Rachel Griffiths e, addirittura, alla produzione d’oltreoceano "Nave fantasma" (2002) di Steve Beck, non è la prima volta che Francesca Rettondini – nota soprattutto per la sua passata relazione sentimentale con lo scomparso giornalista e presentatore televisivo Alberto Castagna – prende parte a una pellicola rientrante nel genere horror.
In questo caso, sotto la regia dell’esordiente classe 1985 Giorgio Bruno, la troviamo nei panni di un ispettore capo della polizia che, insieme a un collega con le fattezze del Rosario Petix visto ne "La voce del corpo" (2012) di Luca Vullo, indaga su una serie di omicidi ai danni di ragazze di età compresa tra i venticinque ed i trent’anni; uccise, a quanto pare, secondo le modalità riportate all’interno dei libri di una scrittrice residente proprio nella città del sud Italia teatro dei massacri.
E, in brevi apparizioni, sono coinvolti anche i registi stracult Enzo G. Castellari, Ruggero Deodato e Claudio Fragasso – rispettivamente autori di "Quel maledetto treno blindato" (1978), "Cannibal holocaust" (1980) e "Palermo Milano solo andata" (1995) – nel corso di quello che, evoluzione dell’omonimo cortometraggio di Bruno, intende omaggiare proprio la nostra celluloide di genere del passato, dai thriller di Dario Argento a "La casa 4" (1988) di Fabrizio Laurenti (si pensi alla vittima cui viene cucita la bocca).
Anche se, man mano che il mistero s’infittisce ed altri personaggi entrano progressivamente in scena, non risultano assenti neppure riferimenti al torture porn alla "Hostel" (2005) nei diversi momenti in cui le povere sventurate subiscono gli atroci maltrattamenti da parte del serial killer, la cui identità viene svelata molto prima di giungere alla fine.
Peccato, però, che tutta la passione cinefila testimoniata dalla vicenda raccontata non sia sufficiente a salvare un’operazione che, evidentemente penalizzata dal bassissimo costo di produzione, sguazza in maniera piuttosto noiosa tra recitazione che lascia non poco a desiderare, grotteschi dialoghi e tecnica tendente spesso a sfiorare l’amatorialità.
Tanto che, sebbene si tratti soltanto di un’ora e ventidue minuti di visione, è il film a sembrare in più di un’occasione infinito, non il nero del titolo.

La frase:
"Scrivere romanzi non è un crimine Dora".

a cura di Francesco Lomuscio

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