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I pinguini di Mr. Popper











Come si convive con sei pinguini in un appartamento a New York conducendo al tempo stesso una sana vita di affari? È quello che si chiede anche Tom Popper, imprenditore dalle mille risorse che cerca conferme nel suo lavoro, arrendendosi all’evidenza che non sia possibile: non è possibile ignorarli e continuare a comprare immobili per una spietata agenzia, come non è possibile ignorare un’attrazione verso la ex-moglie e i due figli, anche se uno troppo vivace e l’altra nel pieno della difficile adolescenza. Tom imparerà dai suoi vivaci nuovi amici l’importanza di una relazione affettuosa e dell’ascolto che si deve prestare per essere felici: alla lunga le relazioni costruite così possono rivelarsi preziose e salvarti da una vita cinica e ottusa. Costruito sulla logica della risata spensierata, l’ultimo film con Jim Carrey ha il sapore dei buoni sentimenti: è importante sottolineare la presenza dell’attore di Toronto più della regia poiché il film, se vale qualcosa, lo deve alle sue capacità di padroneggiare la scena, anche in mancanza di una solida trama sotto i piedi. Il film sembra, infatti, tornare alle antiche lezioni di etica disneyane in cui gli animali insegnavano all’uomo la retta via da percorrere per essere buoni: troppa ridondante moralità per un pubblico, anche dei piccoli, abituato a tutt’altro genere di commedia.
Non si può negare certo l’impatto comico dell’accoppiata Carrey-pinguini, che ne combinano di tutti i colori e concedono il beneficio – raro di questi tempi – di una risata serena e senza implicazioni ideologiche; le ripetute gag dei maldestri pinguini non stancano per tutta la durata del film e fanno sorridere (molto acuta la trovata di affascinarli con i film di Chaplin). Presenti ma non necessarie le figure che circondano i protagonisti: la segretaria di Tom con un’inspiegabile predilezione per le "p", i presidenti dell’agenzia che ricordano fin troppo i fratelli Duke in "Una poltrona per due", la moglie ancora innamorata e l’agente dello zoo senza scrupoli; personaggi appena accennati che non ricevono un briciolo di approfondimento e che risultano piatte comparse dietro ai primi attori.
Ultima e obbligata citazione va a Angela Lansbury: oltre la sorpresa di ritrovarla in una produzione internazionale, rimane per tutto il film la sensazione, grazie alla voce di Alina Moradei, di trovarsi di fronte alla signora in giallo pronta a risolvere qualche mistero imprevisto.

La frase:
"E’ un’invasione!".

a cura di Matteo Brufatto

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