L'ultima missione
Dopo il bel "36 Quai des Orfèvres", il regista francese Olivier Marchal ritorna a calcare quelle atmosfere cupe e maledette che contraddistinguono la sua visione della polizia e criminalità (lui stesso è stato un "flic" prima di lanciarsi sul grande schermo), con un film ancor più tragico e cupo, il terzo di una trilogia sul tema, iniziata con "Gangsters". Non più Parigi, ma Marsiglia. Non più un buono (anche se il Leo Vrinks di "36" così buono non era) ed un cattivo, ma solo un tormentato ex-buono interpretato dal fido Daniel Auteuil.
Per narrare la discesa verso gli inferi del poliziotto Schneider, Marchal parte da un preambolo drammatico: moglie e figlia del protagonista sono da poco state coinvolte in un incidente stradale che ha portato alla paralisi della prima, e alla morte della seconda. "Dio mi ha voltato le spalle" afferma nel flashback iniziale. Alcool come se piovesse, problemi sul lavoro, e sensi di colpa vari, rendono la vita di Schneider una sofferenza continua. Il fiuto del detective non l’ha abbandonato, ma quando tutto rema contro, compresi i suoi colleghi, anche indagare diventa impossibile.
Con ritmo compassato e un pò dispersivo, Marchal porta avanti due storie gialle parallele (il serial killer degli animali di compagnia e il ritorno in libertà di un assassino ormai settantenne) per parlare della vicenda umana del suo protagonista. Non è il thriller che gli interessa, ma si serve di queste due storie per tratteggiare un mondo nel quale non vale più la pena vivere, un luogo dove morte e violenza possono diventare fonte di liberazione. Una tragedia a tutto tondo che non coinvolge fino in fondo, troppo vaga nelle sue linee concettuali per buona parte del film e allo stesso eccessivamente insistita nei suoi snodi narrativi (lo stereotipo del poliziotto maledetto è portato avanti fino all’esaurimento). L’irrealismo di tante situazioni non diventa simbolico, finendo per diventare un pulp a cui manca però anche solo un pizzico dell’autoironia di un Tarantino, per potere essere digeribile. Se la cava egregiamente Daniel Auteuil, anche se c’è da dire che già in "Le deuxieme souffle" aveva interpretato un ruolo molto simile, mentre il resto del cast non si distingue particolarmente.
La frase: "Dio mi ha voltato le spalle".
Andrea D’Addio
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