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Missione di pace











E’ bello quando un film riesce a sorprenderci, a coinvolgerci e, perché no, a farci divertire.
E’ quanto succede con "Missione di pace", opera prima del regista Francesco Lagi, presentato alla 68esima Mostra del Cinema di Venezia nella Settimana della Critica.
Come si può intuire dal titolo, è un film che parla di una guerra, anzi di due. La prima è quella ufficiale, combattuta dall’Italia, e l’altra è quella che vede il Capitano Vinciguerra (un ottimo Silvio Orlando) contrapposto al proprio figlio Giacomo (interpretato da Vincenzo Brandi).
La seconda guerra è di gran lunga più violenta della prima: padre e figlio ormai non si parlano da tempo, a causa delle convinzioni antimilitariste e pacifiste di Giacomo vissute dal padre come un affronto diretto a lui. Giacomo, un bamboccione apparentemente incapace che vive ancora con i genitori, sogna un mondo senza guerra da realizzare con una rivoluzione guidata da lui e dal suo eroe Che Guevara. E cerca in qualunque modo di distruggere il mondo del padre, che ha fatto della carriera militare lo scopo della sua vita.
Ci vorrà una forzata e avventurosa convivenza perché padre e figlio comunichino e si possano ritrovare.
Sinossi semplice, forse già sentita o letta, ma ciò che rende "Missione di pace" un film unico e da non perdere è il clima che una buona regia e un ottimo cast sono riusciti a creare.
Lo spettatore percepisce chiaramente la goliardia vissuta sul set, e ne viene coinvolto. I dialoghi sono frizzanti, imprevedibili, e mai fuori tempo o fuori luogo.
Inusuale ma azzeccata la trovata di una colonna sonora live, ossia delle musiche eseguite nel contesto dell’azione dal musicista e attore Bugo.
Il cast è perfetto, tutti a proprio agio nella parte. Tra tutti spicca il cameo di Filippo Timi nei panni di un insolito Che Guevara, pantofolaio amante di giochi tv e Ikea piuttosto che del combattimento.
Dissacratorio e grottesco, "Missione di pace" ha il merito di trattare con intelligenza un argomento delicato e tanto dibattuto come la guerra e la partecipazione dei contingenti italiani ad essa.
E, cosa non comune, lo fa in una commedia che fa riflettere.
Un film piccolo, sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il suo interesse culturale, capace però di riportare lo spettatore all’atmosfera di un grande film come "M.A.S.H." di Altman.
Che sia nato un nuovo talento italiano? Se le premesse sono queste, c’è proprio da augurarselo.

La frase:
"Ci sono tutte le condizioni per fare una grandissima figura di merda!".

a cura di Giuliana Steri

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