Melissa P.
"Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire" è nato come il diario, sboccato e provocante, delle prime, perverse, esperienze sessuali di una quindicenne siciliana. In breve è diventato un best-seller, e su questo retroterra pseudo letterario si fonda l'esordio di Francesca Neri e Claudio Amendola nelle vesti di produttori, in cerca di un facile successo al botteghino, che bissi gli introiti del libro.
L'operazione nasce con il preciso intento di andare a stimolare la curiosità morbosa del pubblico nei confronti della frenetica attività sessuale di una qualsiasi adolescente di oggi. Il grande successo del diario d'altronde, non è di certo dovuto alle buone critiche dei salotti letterari o a interessi filologici sull'impatto sociologico dell'opera; e parimenti il film punta tutto sulla fascinazione mediatica di un argomento potenzialmente scabroso.
Attingendo dunque a piene mani dal sempreverde mito, cinematografico e non, della Lolita, la premiata (speriamo che non lo sarà per il suddetto film) ditta Amendola-Neri, si affida a una storia annacquata rispetto alla potenziale carica psicologicamente eversiva del libro (che si snoda in una serie di crudi quadri che pennellano situazioni quantomeno inconsuete per una ragazzina), affidata a una regia anonima e scialba di un onesto mestierante, Luca Guadagnino, che trova il suo motivo di esistere in una distribuzione che fa leva su una morbosità di una morbosità. Quella cioè di vedere in immagini quel che si è già esplorato su carta. L'unica attesa che crea il film, l'unica pretesa che può avanzare nella sua uscita nelle sale, è quella di trasformare dunque in immagini quel che oltre un milione di italiani si è finora immaginato. C'è poco spazio espressivo, dunque, in un'operazione che si presenta in tutti i suoi fattori come un prodotto destinato ad avere successo al botteghino e poco più.
Geraldine Chaplin, Fabrizia Sacchi e lo stesso Guadagnino hanno pochissimo spazio di manovra, dovendosi districare in una serie di scene-chiave che puntano totalmente sull'impatto visivo di un sesso estremo esercitato da una ragazzina.
Ma anche in questo il film risulta ipocrita. Le sequenze iniziali lasciano intendere che si assisterà ad un'opera che come minimo meriterebbe la censura al di sotto dei diciotto anni, (il frame di apertura ci mostra a pieno schermo un seno della giovane Valverde), salvo poi stemperarsi in una serie di situazioni softcore appena accennate, costruite apposta per soddisfare appena la morbosità di un pubblico adolescente che, molto probabilmente, avrà libero accesso in sala.
Una sceneggiatura che occhieggia a meta-letture intimiste e sociologhicheggianti, una realizzazione tecnica riconducibile a nulla più che a una modesta fiction televisiva, fanno il resto, mettendo a nudo un film che trova la sua cifra nell'essere un catalizzatore di introiti pubblicitari e di botteghino e poco più, sfruttando beceramente un caso letterario che, nel suo essere tale, si connotava già come opera falsa e furba.
Una qualsiasi commedia all'italiana anni '70 servirà, e meglio, a soddisfare le domande che si pongono rispetto al film.

La frase: "Ma tu eri innamorata di lui?" "Si, ma solo di notte. Di giorno lo disprezzavo"

Pietro Salvatori

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