Un paese senza donne
Pur cimentandosi per la prima volta con un lungometraggio, il regista indiano Jha, non ha voluto essere a tutti i costi originale ed ha ripreso un tema che aveva già affrontato in un suo corto dal titolo "A very very silent film".
La questione sulla quale l'autore pone l'accento è quella, grave, della condizione femminile in India. Secondo un pratica ancora in uso in molte zone di quel Paese, le neonate vengono uccise in quanto considerate esseri socialmente poco utili. A partire da questa tragica realtà, il regista immagina un paese, Janambhumi (luogo di nascita), dove gli uomini sono costretti a trovare buffi rimedi per ovviare alla mancanza di donne in generale e mogli in particolare.
Il capovillaggio ha cinque figli da sposare e nessuna donna da offrire loro. Un giorno il vecchio padre "scova" una delle poche ragazze che ancora vivono nei dintorni, la compra e la dà in sposa a tutti i suoi figli che "democraticamente" decidono di stabilire i giorni in cui ognuno di loro potrà "usufruire" dei piaceri coniugali. Le vicende che seguiranno, mostrano un possibile futuro, un futuro fatto di abusi, omicidi, invidie e cattiverie. Un futuro in cui l'istinto e la brutalità la fanno da padrone. Gli uomini che vediamo sono tutti rozzi, dediti alla soddisfazione degli istinti primari, senza nessuna voglia di riscattarsi da una vita misera e gretta. Il sesso, il denaro, gli agi di una vita cittadina e della tecnologia, spingeranno tutti ad azioni spropositate, indegne di un essere umano. Ma in mezzo a tanto squallore, nonostante tutto, riuscirà ad attecchire il seme dell'amore e soprattutto quello della speranza.
Non è facile immaginare oggi delle donne che vivono nelle condizioni descritte dal film, ma è impensabile restare indifferenti e distaccati di fronte a delle immagini che, nonostante la loro crudeltà, non scadono mai nel volgare o nel patetico. Il film inizia quasi come se fosse una commedia, solo verso la metà si ha la virata di stile che lo trascina pian piano verso la tragedia. Il modo di narrare la storia è semplice, lineare, a tratti prevedibile, ma mai noioso e scontato. E' un nuovo modo di descrivere la realtà: senza creare per forza situazioni eclatanti, il regista riesce a mostrare uno spaccato di mondo in cui non si conoscono ne delicatezza ne rispetto. Lungi dallo scadere in facili pregiudizi, la pellicola mostra l'estrema conseguenza di una pratica barbara e inutile.
Fa sorridere il fatto che un uomo, ancora oggi, sia disposto a pagare un prezzo altissimo per sposare una donna, fa sorridere un po' meno il fatto che quello stesso uomo non sia in grado di capire ed apprezzare l'immensa fortuna che da tale "affare" potrebbe derivargli.
La fotografia e le location sono di una bellezza mozzafiato, i dialoghi essenziali, gli attori tutti molto bravi.
Accolto favorevolmente dalla sala, non mancherà di trovare un seguito in tutti coloro che considerano il cinema di denuncia un importante strumento per giuste rivendicazioni sociali.
Teresa Lavanga
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