Mandabi
(Venezia 29/9/2007) Tra i diversi omaggi che la 64° edizione della Mostra Cinematografica di Venezia fa ai grandi autori del cinema, uno spazio è dedicato ad Ousmane Sembène, scomparso il 10 giugno del 2007. Secondo gli studiosi è il primo autore di cinema di finzione in Africa e che con le sue opere ha dato impulso al nuovo genere cinematografico di quel continente. Il regista porta nella realtà lo stile di "Le mille e una notte" e attraverso storie inventate denuncia il disagio in cui vive la sua gente. Sembène nasce nel 1923 a Ziguinchor, in Senegal, da una modesta famiglia di pescatori e viene arruolato, come tutti, nell'esercito coloniale nel corpo dei fucilieri senegalesi durante la seconda guerra mondiale. Lentamente il suo estro si fa strada in lui spingendolo prima verso la letteratura con la produzione di numerosi romanzi e poi verso i 40 anni si è dedicato al cinema, la sua vera passione fin dall'infanzia.
Come amava ripetere: "Il film può, più che il libro, cristallizzare una presa di coscienza".
Frequenta così la scuola di cinema a Mosca e in breve diventa regista realizzando nel 1962 il suo primo film, girato come sempre in Africa e vincendo numerosi premi. Gli anni si susseguono e la sua fervida immaginazione produce diversi capolavori tra cui nel 1968 "Manda Bi", la sua prima opera a colori, che in italiano significa "Il Vaglia". Per ricordare Ousmane Sembène, il suo humor e la sua ironia, il Festival di Venezia ha deciso di far conoscere al pubblico "Manda Bi", una delle sue opere più famose. Con questa pellicola Sembène ha vinto all'epoca la "Menzione" e il "Premio Internazionale della Critica" alla Biennale di Venezia e inoltre il "Premio dei Cineasti Sovietici" al festival di Tachkent. E' un'opera, come sempre, di denuncia dei mali che affliggono l'Africa e la sua gente come l'immigrazione, la disoccupazione, la povertà, ma tutto è raccontato attraverso uno sguardo allegro che utilizza i registri del grottesco. "Manda Bi" è come una "favola", capace di spostare lo spettatore in una realtà lontana dalla sua, diversa, ma al tempo stesso vicina. Il protagonista è un uomo semplice, analfabeta, da quattro anni disoccupato, che vive con le sue due giovani mogli e 7 bambini piccoli. E' ingenuo ed ha un cuore puro, per questo spesso ricorda con il suo modo di fare "Renzo Tramaglino" dei Promessi Sposi del Manzoni (Milano 1785 -1873). La sua vita dunque procede tranquilla, quando l'improvviso arrivo di un vaglia dal nipote di Parigi stravolge la sua vita. Tutto il quartiere lo cerca per spillargli soldi con una scusa o con l'altra, i commercianti gli fanno credito, tutto sembra cambiare intorno a lui, è felice! Quando va finalmente alla posta, dopo due giorni di festeggiamenti, scopre che non è tutto così semplice come sembra, infatti, dopo aver speso parte dei soldi del vaglia, scopre di non essere solo lui il destinatario del patrimonio. A peggiorare la situazione c'è che è privo di carta di identità e quindi non può ritirare la somma, non resta che cominciare il lungo iter della burocrazia per ottenere i tanto sospirati soldi, ma più ci prova, più s'indebita, inoltre la gente del quartiere diviene ostile invidiando la fortuna capitatagli. Il protagonista prova sulla sua pelle le conseguenze della burocrazia sulla vita quotidiana dell'uomo e non solo anche la disonestà e la furbizia delle persone che ha intorno. Il film rappresenta molto bene lo stile di Sembène, realistico e molto vicino al neorealismo mescolato con lo stile delle nouvelle vague, grazie al profondo humor. E' evidente che il regista conosca profondamente la materia che va catturando con la telecamera e lo fa con ironia, senza mai giudicare o condannare i suoi personaggi.

La frase:
- "250 F?"
- "Ci prendi in giro? Siamo gente onesta noi"
- "Perché ci prendi in giro?"

Federica Di Bartolo

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