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Magic Mike











E poi arriva il giorno in cui scopri a che cosa serve esattamente Matthew McConaughey: è il giorno in cui lo vedi con le mutande a proboscide, o giù di lì, umiliarsi su un palco assediato dagli estrogeni. Giuro. Ma c'è una valida spiegazione alla scena: questa è una commedia romantica, cosa credete?
La scena, certo, è quello che è, ma in Magic Mike il buon Matthew la ruba. Laddove i riflettori dovrebbero orbitare esclusivamente su Channing Tatum, qui nei panni del Mike del titolo, alle prese con un verosimile pseudo-ritratto delle proprie origini (ahem) artistiche, succede però che sia più l'impresario Dallas (McConaughey, appunto) a strapparci la risata. Il protagonista invece, un bambolottone snodato con gli occhi da cucciolo e le ambizioni sistematicamente frustrate, riscuote mance croccanti svestendosi di volta in volta da pompiere, rapper, poliziotto; si diverte molto di più ad assemblare lampade usando vecchia ferraglia, e ha un cuore grande così. E, purtroppo, off-stage ce lo racconta. In continuazione. Esatto, gente, siamo dalle parti dei puttani dal cuore d'oro: luogo forse poco visitato rispetto al suo equivalente di genere opposto, ma pur sempre comune.
Il concetto-chiave è che per fabbricare un'efficace romcom – la definitiva, forse, se rivolta ad un target primariamente femminile – qui ci siano un paio di ingredienti molto utili: una protagonista dimessa e seriosa (Cody Horn, intravista in The Office, stavolta nei panni di tale Brooke), ragazza-della-porta-accanto, acqua e sapone, quasi bruttina rispetto alle spogliarelliste che bazzicano l'ambiente di lavoro del fratello (Alex Pettyfer) e dei suoi amici, e una controparte maschile assolutamente fuori scala, "il marito ideale" (cit.), abituato per mestiere a compiacere le donne da più punti di vista. Già; al regista di Ocean's Eleven e Contagion piace vincere facile.
Il film è sessista, un poco umiliante sia per chi guarda sia per chi si fa guardare, e trasforma in uomini-oggetto una mandria, è il caso di dirlo, di manzi succosi (segnaliamo alle buongustaie là fuori il Manganiello di True Blood, nomen omen e la dignità altrove). Detto questo, manteniamo un briciolo d'onestà intellettuale: è un film di Soderbergh, ma nessuno andrà a vederlo per la trama. Che non c'è.

La frase:
"Se una donna ti dice che si chiama come un fiore, una macchina o una pietra, non chiederle che lavoro fa".

a cura di Domitilla Pirro

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