L'amore nascosto
Il sentimento genitoriale non è automatico, ma quando viene negato – secondo "L’Amore nascosto" – è per insanità di mente e profondo malessere esistenziale. Del passato della protagonista del film di Alessandro Capone (il quale ha attraversato musica, pittura, pubblicità, fotografia e design prima di dedicarsi a cinema, teatro e televisione con sceneggiature e regie) sappiamo solo a partire dall’incontro col proprio compagno. Lei, emotivamente bloccata, lo repelle, considerandolo come un cane fedele che, anche se preso a calci, rimane al fianco del padrone ("è stato lui, con la violenza della sua dolcezza, che mi ha costretta a diventare madre"). Ecco il punto, "in questione – spiega l’autore - è la libertà di discutere e scegliere l’amore, provarlo e manifestarlo, e più in generale la coscienza e il senso di maternità". Dopo il parto, vissuto quindi come evento nefasto, la donna prova indifferenza, disagio, fastidio verso una neonata voluta da altri. Nel passaggio successivo della ricostruzione di Capone, viene presa da un senso di colpa e si licenzia dal lavoro per occuparsi della piccola, a cui fa molti regali. Ma la vede comunque molto simile al rifiutato partner. Per reazione, la ragazzina comincia allora a detestarla e poi a prendere appositamente decisioni che la mamma non approva.

In un’ambientazione elegante, asettica, pressochè disabitata, spenta e angosciante, tra rapidi salti temporali ed una esternante voce fuori campo, il cineasta mette al centro una depressa Isabelle Huppert ("non ho nessuno, non voglio niente, non spero più in nulla"). Con abituale capacità, l’attrice risalta distacco e disturbo del personaggio e si confronta con un’analista che non ha conosciuto la propria madre, è senza prole e diventa terreno di conflitto per le altre due figure di un intenso triangolo psicologico femminile. Con una valenza ambivalente - sia di apertura al cuore e alla vita che di "risarcimento" etico - la tragedia finale ristabilisce in ultimo un flusso affettivo. Come una cesura anticipata, però, un salto non in continuità col lento processo interiore precedente.

La frase: "Che si aspetta un piccolo di mammifero dalla madre? Strumenti per sopravvivere".

Federico Raponi

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