Machete
Sanguinolente, pirotecniche e, soprattutto, fuori di testa, le prime immagini del tredicesimo lungometraggio cinematografico diretto dal texano Robert Rodriguez, autore di "Dal tramonto all’alba" (1996) e "Sin city" (2005), le vedemmo nell’accattivante fake trailer posto in testa allo splendido zombie-movie "Planet terror" (2007), diretto proprio dallo stesso e facente parte dell’operazione "Grindhouse" che incluse anche il tarantiniano "A prova di morte".
Immagini che, dilatate ora a circa 105 minuti di visione, vedono per la prima volta in qualità di protagonista assoluto l’attore feticcio rodrigueziano Danny Trejo, impegnato a ricoprire il ruolo dell’ex agente federale che dà il titolo alla pellicola, il quale, particolarmente abile con le armi bianche e creduto morto in seguito ad uno scontro con il boss della droga Torrez, con le fattezze di Steven Seagal, tenta di scomparire e di lasciarsi alle spalle il proprio passato; fino al giorno in cui si ritrova coinvolto in una cospirazione politica orchestrata dallo spietato uomo d’affari Booth alias Jeff Fahey ai danni del senatore McLaughlin, interpretato da Sua Maestà Robert De Niro e deciso a portare avanti una dura legge sull’immigrazione.
Perché, tra fiumi di sangue conseguenti all’infinità di arti mozzati, corpi crivellati e teste tagliate già a partire dal prologo, non è davvero una certa denuncia nei confronti del marciume nascosto dietro l’apparentemente linda facciata dei rappresentanti del mondo politico a venire meno nel coinvolgente tripudio di movimentate situazioni atte a delineare quello che, complici perfino le polverose strade messicane, possiamo tranquillamente definire un moderno western in pura salsa exploitation.
Moderno western con tanto di cinefile citazioni verbali (si va da "Django" a "Dio perdona, io no") ed omaggi (il tizio con maschera da lottatore di catch alla El santo) che, come un po’ tutti i titoli inclusi nella filmografia del regista di "El mariachi" (1992), vuole in maniera evidente incarnare le fattezze di un vero e proprio atto d’amore nei confronti del genere nudo e crudo, affidando il comparto femminile alle sensuali Lindsay Lohan, Jessica Alba e Michelle Rodriguez, rispettivamente calate nei panni della figlia di Booth, dell’ufficiale dell’immigrazione Sartana Rivera e della camionista ribelle Luz.
Tutti personaggi che Rodriguez, tirando in ballo anche Don Johnson e l’effettista Tom Savini in vesti d’attore, costruisce come di consueto a dovere all’interno di uno script – firmato insieme al cugino Alvaro – capace di depistare di continuo lo spettatore e di risultare sempre sorprendente, grazie soprattutto a trovate tanto shockanti quanto divertenti.
E basterebbe citare il momento in cui Machete sfrutta le interiora srotolate di una propria vittima al fine di calarsi da un piano all’altro di un edificio per lasciar intendere la genialità di un autore della Settima arte che, in grado di regalare memorabili sequenze come quella incredibilmente violenta che si svolge in chiesa sulle note dell’Ave Maria, riesce a volte nell’impresa di superare perfino il maestro Quentin Tarantino.

La frase: "Perché dovrei essere una persona reale, quando sono già una leggenda?".

Francesco Lomuscio

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