L'uomo privato
L’uomo privato è sfuggente quanto quello pubblico, economicamente benestante e all’apparenza perfettamente inserito in un mondo da cui però si sente distaccato: seduttore privo di coinvolgimento (“nato per fare felici le donne” sostiene una di loro con una certa esagerazione), professore autistico (“non l’ho mai notato - dice di uno studente - come non ho mai notato nessuno, del resto”), passeggiatore senza meta. Per il cineasta Emidio Greco, l’aver optato per un personaggio di caratteristiche siffatte, con una forte “tentazione di isolamento, sentimento e tema solitamente incarnati dall’uomo comune, o da perdenti, emarginati, personaggi limite”, nelle intenzioni doveva essere lo stratagemma che fa la differenza. In realtà risulta un disegno tutto intellettuale e senz’anima. Cui si accompagna pure la sciatteria. Protagonista a parte infatti, le interpretazioni sono da oscuro sceneggiato televisivo, i dialoghi rigidi e artefatti, e si avverte addirittura che nelle scene a due il sonoro delle conversazioni in presa diretta cambia quando il montaggio le alterna a primi piani distinti. Eppure Emidio Greco è un veterano: ha insegnato regia al Centro Sperimentale, realizzato per la RAI una cinquantina di programmi culturali, inchieste (vincendo con “l’Italia del boom” il premio Saint Vincent) e documentari ai quali si è alternata l’attività di autore di film. La scoperta di essere stato pedinato e ripreso di nascosto con una videocamera da uno studente, divenuto amante della sua ultima giovane conquista e poi suicidatosi, sconvolge il professore. Ma neanche troppo, aggiungendo semmai confusione in un animo dove – ecco il simbolismo grossolano – una parte del sè sdoppiato lo guarda severo. Ciò lo porta a far visita ad una ex di 15 anni prima, come a cercare appigli e conferme. Alla fine, lo lasciamo seduto sul divano, solo, a fumare una sigaretta con lo sguardo perso nei pensieri, nello stesso stato quasi catatonico nel quale si trovava all’inizio. E questo vale anche per il film.

La frase:
- "Ci sarà un seguito, almeno?"
- "Certo, c’è sempre".

Federico Raponi

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