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L'uomo con i pugni di ferro











All’anagrafe Robert Fitzgerald Diggs, è lo stesso RZA che, curatore della colonna sonora di "Kill Bill volume 1" (2003), esordisce qui dietro la macchina da presa a vestire i panni del fabbro Blacksmith, immerso in un leggendario villaggio della Cina destinato a fare da scenografia per oltre novanta minuti di violenza e arti marziali in aria di atto d’amore nei confronti della celluloide d’azione orientale in costume degli anni Settanta.
Del resto, pare sia proprio l’enfant terrible di Hollywood Quentin Tarantino a presentare l’epica storia che – sceneggiata dallo stesso regista e interprete insieme all’Eli Roth autore dei primi due "Hostel" – vede un assortito manipolo di guerrieri, assassini ed eroi solitari affrontare una battaglia volta all’accaparrarsi un’immensa fortuna in oro.
Epica storia che, oltre a recuperare dal succitato cult che vide protagonista Uma Thurman sia Gordon Liu che Lucy Liu, tira in ballo diverse facce più o meno note della Settima arte; dal premio Oscar Russell Crowe al Rick Yune di "Ninja assassin" (2009), passando per la Jamie Chung di "Sucker punch" (2011), il Cung Le di "Tekken - Il film" (2010) e il wrestler David Bautista.
Tutti coinvolti in uno spettacolo che, senza perdere tempo, si manifesta decisamente coatto già a partire dalla frase d’apertura, per poi infarcire addirittura i titoli di testa con esagerato splatter da fumetto.
Perché, in fin dei conti, con la Pam Grier di "Jackie Brown" (1997) nel ruolo della madre di Blacksmith e la Sally Yeh di "The killer" (1989) impegnata a cantare il pezzo principale del capolavoro di John Woo, non sembra altro che un movimentato mix in salsa tarantiniana tra il cinema del Chang Cheh de "La mano sinistra della violenza" (2001) e il "Versus" (2000) di Ryûhei Kitamura quello che scorre sullo schermo.
Movimentato mix accompagnato da una soundtrack giostrata tra hip-hop e soul classico e che, comprendente perfino un omaggio alla sequenza degli specchi de "I 3 dell’operazione Drago" (1973) con Bruce Lee, sfrutta il tanto ingarbugliato quanto esile script quale semplice pretesto per poter buttare in scena abbondanza di arti mozzati, acrobazie fisiche e spargimenti di liquido rosso.
Spingendo il cinefilo ordinario a storcere il naso, ma ad essere catturato non poco dal divertimento l’appassionato di exploitation che fu; probabilmente contento anche di assistere a titoli di coda che si rifanno in maniera chiara a quelli delle mitiche produzioni della Shaw Brothers.

La frase:
"Gli uomini hanno sempre detenuto il potere, ma il potere è una donna capricciosa".

a cura di Francesco Lomuscio

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