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L'ultimo sogno
L'ultimo sogno di George (Kevin Kline) è costruire una casa con le proprie mani. È lasciare qualcosa di tangibile e concreto su questa terra, qualcosa che i suoi famigliari, i suoi amici ed anche i suoi conoscenti, possano vedere e toccare, gustare giudicare ed anche criticare, fare qualcosa di vero e reale su questo mondo.
Quest'opera di realizzazione materiale rappresenta per George una scommessa esistenziale: costruire quella casa a strapiombo sull'oceano significa ricostruire il delicato e fragile filo dei sentimenti lacerato durante un'esistenza dove i rapporti con chi gli è stato vicino non sempre sono stati in cima ai suoi pensieri. Ed allora è molto più difficile ristabilire un rapporto con il figlio Sam (Hayden Christensen) tossicodipendente, sbandato ed in lotta con il mondo intero che fissare quell'asse di legno. Ancor più arduo è risanare il rapporto con la ex moglie Robin (Kristin Scott-Thomas) che ha lasciato George negli anni passati per un marito che le assicurasse maggior stabilità e maggior tranquillità. Ma George ha un'urgenza impellente che lo porta a chiudere rapidamente tutte queste problematiche operazioni perché un destino beffardo non gli concede più molto tempo.
La facile, e lacrimevole, metafora che il regista Irwin Winkler ("The Net, intrappolata nella rete - "A prima vista") rappresenta sugli schermi, con mano poco originale, sarebbe stata ancor più insopportabile se a sostenerla non ci fosse stato un cast dalle formidabili capacità. Kristin Scott Thomas ("Quattro matrimoni e un funerale" e "Il paziente inglese" solo per citarne alcuni) e Kevin Kline ("Il grande freddo", "Un pesce di nome Wanda") sorreggono maestosamente il film puntellandone la debole trama. Kline (non a caso sembra essere in profumo di oscar per questa interpretazione) è un gigante in questo ruolo drammatico che rende con misurata enfasi ed un triste ghigno beffardo che gli riga il viso. La Thomas centellina con consumata maestria la sua classe innata ed i suoi sorrisi venati da una malinconica eleganza. Attorno a loro ruotano una serie di comprimari tutti ben appropriati nei propri ruoli.
Il film, in definitiva, ha il suo pregio, ma anche il suo limite maggiore, negli interpreti che, come detto, sono gli unici elementi che riescono a nobilitare l'opera.
Una segnalazione le meritano le musiche di Mark Isham.
Consigliato a chi non si scompone di fronte a battute del tipo: "Che razza di madre è una che non riesce a sopportare il proprio figlio?"
Das
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