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L'ora nera











Mentre, in aria di metafora relativa alla Guerra fredda, nella mitica fantascienza a stelle e strisce degli anni Cinquanta la minaccia aliena altro non era che una allegorica incarnazione del pericolo comunista, nel secondo lungometraggio diretto da Chris Gorak – autore del thriller "Right at your door" (2006) – essa colpisce proprio Mosca, dove due giovani imprenditori della new economy con i volti di Emile Hirsch e Max Minghella approdano per ritrovarsi imbrogliati da un uomo d’affari svedese interpretato da Joel Kinnaman.
Infatti, insieme a due viaggiatrici dirette in Nepal con le fattezze Olivia Thirlby e Rachael Taylor, sono loro tre a doversela presto vedere con una città piombata di colpo nell’oscurità a causa dell’improvviso attacco da parte di invasori invisibili che, composti di energia elettromagnetica, la privano di elettricità e abitanti, praticamente disintegrati.
Una situazione alla "Io sono leggenda" che, anziché rifarsi alla tipologia di pellicole di cui sopra, pare sia ispirata ad alcuni film sulla Seconda Guerra Mondiale, con le linee tedesche sostituite da quelle nemiche di un’occupazione extraterrestre, tra spettacolari distruzioni di edifici e continue fughe per la salvezza.
Del resto, man mano che fanno la loro entrata in scena grotteschi personaggi destinati a unirsi alla lotta per la sopravvivenza attuata dai protagonisti, sempre più chiaro risulta che lo script di John Spaihts non rappresenti altro che un pretesto per inscenare la circa ora e mezza di sequenze volte al facile intrattenimento a suon di esplosioni ed effetti digitali.
Con un 3D di cui si può benissimo fare a meno e una struttura che sfiora quella degli slasher a causa dell’abbondanza di cadaveri disseminati, tanto da conferire non poco all’insieme il look di un b-movie. Aspetto riconfermato anche dal fatto che, sebbene a produrre sia il Timur Bekmambetov autore di "Wanted-Scegli il tuo destino" (2008), il budget speso è decisamente più basso del solito (siamo sui trenta milioni di dollari).
Ma, seppur senza troppa originalità e neanche una sequenza memorabile, l’operazione non annoia e riesce a funzionare sicuramente meglio di altri attacchi alieni su celluloide d’inizio XXI secolo quali "World invasion" (2011) di Jonathan Liebesman e "Skyline" (2010) di Greg e Colin Strause.

La frase:
"Tutti parlano di invasori invisibili e di aggressive strategie di attacco".

a cura di Francesco Lomuscio

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