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L'intouchable
Il regista francese Benoit Jacquot presenta in concorso alla 63 mostra del cinema di Venezia una storia apparentemente semplice nello spunto iniziale ma, proprio nella sua schematicità, aperto a tanti possibili sviluppi narrativi. Protagonista è Isild Le Besco, giovane promessa del cinema francese (a soli 24 anni ha già una trentina di parti in campo cinematografico, e presto forse sarà attiva in ambito teatrale), nel ruolo di Jeanne, un'attrice che il giorno del proprio compleanno apprende la vera identità del padre. Il padre di Jeanne è indiano, ma soprattutto è un membro della casta indù degli intoccabili, il gradino più basso del sistema sociale indiano e dello Sri Lanka. La ragazza decide di intraprendere un viaggio per conoscere il padre.
Come già accennato si tratta di un espediente narrativo non particolarmente originale di cui Jacquot si serve per realizzare un film di stampo marcatamente documentaristico, specialmente nella parte girata in India, in cui vengono spiegate in maniera più completa le limitazioni imposte ai Pariah o intoccabili. Nella parte precedente viene mostrata l'attività artistica di Jeanne e l'intento di realizzare una sorta di portfolio promozionale per illustrare il talento della giovane Le Besco è piuttosto scoperto. La vediamo così recitare Brecht o in situazioni da nouvelle vague, sottopersonaggi che fanno da contrappunto all'attrice rappresentata dalla Le Besco, una figura apparentemente fredda e razionale che sembra seguire un sottobosco di passionalità che determina in modo prepotente le sue azioni.
La parte migliore del film è sicuramente costituita dal viaggio in India, in cui sono state inserite alcune sequenze "proibite" visto che normalmente la cremazione dei defunti non può essere ripresa dalle telecamere. Però la tendenza ad aprire canali narrativi potenziali per lasciarli poi sospesi tende a creare un senso di incompiutezza che può risultare frustrante.
L'inespresso, il non detto e il lasciato a metà sono concetti dotati di fascino, atti a far spaziare la mente dello spettatore forzato a forme di pensiero ellittico. Sarebbe tuttavia apprezzabile avere delle risposte, anche parziali.
La frase: "Se ti dicessi che il razzismo in occidente è un abitudine mentale rispettabile ti infurieresti. Se ti dicessi che in certe ore del giorno gli intoccabili non possono entrare in città per non far cadere la propria ombra sulle classi pure, lo troveresti bellissimo".
Mauro Corso
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