05 Settembre 2006 - Conferenza Stampa
"L'intouchable"
Intervista al regista e al cast.
di Mauro Corso


Alla conferenza stampa della pellicola drammatica "L'intouchable" sono presenti il regista, Jacquot Benoît, e l'attrice protagonista, Isild Le Besco.

Il film presenta una trama piuttosto semplice, per non dire banale, eppure organizza intorno a sé un grande numero di storie. Quale tipo di lavoro è stato fatto sulla sceneggiatura e poi con l'attrice?
Jacquot Benoît: Cerco di far scaturire la storia da intenzioni o desideri di natura cinematografica. Invece di creare la messa in scena con la presentazione di qualcosa che è già stato scritto cerco di portare il mio personaggio nel più lontano dei paesi possibili, poi per me, che sono francese parigino ancor più lontano mentalmente. Dunque il mio intento è di condurre il personaggio lì e con una serie di situazioni cinematografiche, riprese, immagini, suoni, parole da sentire o da pronunciare e talora musiche, immagini di volti e di paesaggi, faccio in modo che la narrazione che desidero inventare o quanto meno "fabbricare" per essere più precisi, visto che la storia di una donna che cerca il padre non ha nulla di prodigioso a livello di originalità. Volevo combinare uno spunto banale sulla base di idee singolari, sulla base di cinema, ed è quello che ho cercato di fare. Spero di non essere stato complicato nella risposta.

Tra le tante piéce possibili da far interpretare all'attrice ha scelto Santa Giovanna dei macelli di Brecht, come mai?
Jacquot Benoît: Certamente non è un caso. Non ho scelto lanciando i dadi di basarmi su quella parte di testo e su quell'opera. Quando si fanno film, almeno è così che io faccio, cerco di trarre vantaggio da quest'occasione -e anche Isild potrà dirvelo- Isild non ha fatto teatro, farà forse teatro ed eventualmente le piacerebbe interpretare il ruolo di Santa Giovanna di Brecht. Quindi era una sorta di prova generale di qualcosa che le piacerebbe fare. Se avessi la possibilità sarei lietissimo di mettere in scena con lei quest'opera.

Il film inizia a Pont-a-Mousson, è un caso o è una strizzata d'occhio all'India?
Jacquot Benoît: Pont-a-Mousson in effetti è una specie di gioco. Col rischio di essere un po' pedanti, è tratto da una poesia di un poeta francese che ammiro molto, André Breton. In un verso si parla per l'appunto di una piccola cittadina, Pont-a-Mousson. Conosco questa poesia a memoria e mi è tornata subito in mente, scrivendo. Mi divertiva ma non so se colpisca tutti, anche gli spettatori.

Sangue indiano nelle vene, che impressione fa anche se solo nel film?
Isild Le Besco: Non so se posso dire aver sentito questa cosa. Ma le sei settimane di riprese in India non le ho vissute in modo turistico. Ci siamo posti anzi dal punto di vista indiano, nei limiti della possibilità ovvio, dato che il nostro modo di vivere è così distante. Ma ho cercato di non essere una turista che guarda un panorama dall'esterno. Ho cercato di avvicinarmi di più a questa civiltà.
Jacquot Benoît: Posso aggiungere che non c'è sangue più "impuro" del suo: è francese sul passaporto, ma la nostra attrice non è molto francese come "purezza del sangue".

Trovandovi in India come avete modificato il vostro modo di essere, di girare, per adattarvi alla realtà del luogo?
Jacquot Benoît: per cominciare tutto quello che avviene in India l'ho scritto sul posto, un anno prima dell'inizio delle riprese, quindi sapevo già quali sarebbero state le difficoltà: le cose difficili, impossibili o semplici. Quello che si può riprendere, quello che non si può riprendere, quello che si può filmare in modo aperto e quello che può essere filmato solo di nascosto e clandestino. Per quanto riguarda Isild ho già fatto due film con lei e la conosco piuttosto bene quindi sapevo come avrebbe reagito in India.
Isild Le Besco: Per me è la stessa cosa recitare davanti a dieci o mille persone con una cinepresa piccola o grande.

Un tema interessante è quello del dualismo pensiero-sentimento, che cela un approccio molto asiatico...
Jacquot Benoît: In effetti è come io penso. Io penso con la pelle, con l'epidermide. Ma non voglio fare una disquisizione filosofica. Credo però che tutti i cineasti autentici pensino con la pelle.

Per quanto riguarda le difficoltà di riprendere certe cose, è una consuetidine autorizzare gli stranieri a filmare la cremazione dei defunti.
Jacquot Benoît: Visto che Isild è anche la produttrice del film lascerò che risponda lei, ciascuno deve prendersi le proprie responsabilità.
Isild Le Besco: Dico la verità?
Jacquot Benoît: Sì sì!
Isild Le Besco: Non è assolutamente permesso fare quelle riprese. E nessuno lo ha mai fatto. Ma Benoit va molto d'accordo con la gente, anche con gli intoccabili e loro erano persino contenti che lo facessimo.
Jacquot Benoît: Ma questo vuol dire girare in modo clandestino, senza autorizzazione, con un autorizzazione molto vaga per girare un documentario per la preparazione di un futuro film. Ci hanno detto che rischiavamo molto, anche la conclusione forzata delle riprese.
Isild Le Besco: Eravamo dalla loro parte, vivevamo in alberghi vicino ai roghi e abbiamo vissuto con queste persone per tre settimane.
Jacquot Benoît: Avevamo fatto un documentario sugli intoccabili che si occupano dei morti a Benares.

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