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Le voyage en Arménie
Il confronto tra una cardiologa ed il padre, gravemente malato e da operare, cui ha molto da rimproverare. Lui, invece di attendere i risultati delle analisi, parte per la nativa Armenia, e la figlia si mette sulle sue tracce. Accompagnata nel tragitto da un losco affarista rampante e senza principi che le parla dei guasti del Comunismo, da un marsigliese in fuga, reduce dalla lotta armata, divenuto addestratore dell'esercito ed eroe dall'Indipendenza, da un vecchio che sogna la restituzione del mitico e simbolico monte Ararat da parte dei turchi. Sarà una ricerca in un paese di tempi lenti, forte fede cattolico-ortodossa, accoglienza e contrasti tra povertà e modelli occidentali di lusso. Dove manca la sanità pubblica e ci sono presidi sanitari di volontari, così come mancano le norme di sicurezza per la salute sul lavoro, le cui conseguenze colpiscono i figli, anemici. I giovani se ne vogliono andare, perchè si lavora ma non si guadagna e mancano le opportunità. Secondo la credenza, il secondo giorno della creazione Dio lasciò cadere qui i resti di quello che aveva dato di fertile al resto del mondo. Ragion per cui l'Armenia è chiamata "Ia terra delle pietre, il fondo del setaccio". Per la protagonista, essa rappresenterà invece la scoperta delle proprie origini.
Per "le Voyage en Armènie" Robert Guediguian ("Marius e Jeanette", "la Ville est tranquille", "Marie-Jo e i suoi due amori") ha parlato di opera "su commissione", in quanto si trovava in Armenia per una retrospettiva ed il caloroso pubblico gli chiese di fare un film lì. Il regista parte da Marsiglia (città cui è fortemente legato anche nelle sue pellicole), si circonda dei suoi attori abituali, utilizza immagini delle periferie che chi arriva dall'estero non deve vedere, dell'arida provincia, e quelle aeree degli altipiani, accompagnate dalla musica evocativa dell'Armenian Navy Band. E nonostante qualche forzatura edificante finale, Guediguian ha lo sguardo del viaggiatore carico di ideali e attento, non del turista.
La frase:
"Qui ci sono le mie radici, lo sento."
Federico Raponi
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