Leoni
Si comincia con un inseguimento automobilistico dal sapore quasi cartoonesco che vede in fuga Neri Marcoré; prima di tornare indietro di una settimana per farci scoprire che questi è Gualtiero Cecchin, simpatico ma arrogante figlio di papà che, ormai alle prese con la fine dei soldi, si arma di una buona dose di incoscienza per gettarsi nella produzione di particolari crocifissi in plastica riciclata destinati a rivelarsi, però, non poco pericolosi.
Se vogliamo, una sorta di derivato dei personaggi incarnati da Vittorio Gassman ne “I mostri” (1963) di Dino Risi impegnato, inoltre, a sfidare giorno dopo giorno su temi del quotidiano, questioni di eredità e di condivisione di spazi comuni il cognato Alessio Leopardi alias Stefano Pesce, sovrintendente di polizia sposato con la sorella Elisa, professoressa di matematica cui concede anima e corpo la Anna Dalton di “Niente può fermarci” (2013).
E, mentre quest’ultima si ritrova ad avere a che fare con uno scandalo riguardante alcune sue immagini finite su internet, è la veterana Piera Degli Esposti ad incarnarne la madre Mara, timorosa di morire e che vive perennemente a letto, ma conscia del fatto che il potere non venga dal denaro, bensì dalla conoscenza.
Oltre a sapere che vivere al di sopra delle proprie possibilità, prima o poi, porta sempre alla rovina; man mano che, tra contatti presi dal protagonista con non molto raccomandabili individui e l’entrata in scena della sexy Emma Zambon, ovvero la Cristina D’Alberto di “Promessa d’amore” (2004), è la regione Veneto di una Italia ormai allo sbando quella che finisce per fare da sfondo alla circa ora e mezza di visione diretta dal debuttante Pietro Parolin.
Circa un'ora e mezza di visione che, impreziosita da un cast tutto sommato non disprezzabile, prende avvio dal tema della crisi affrontato tramite un’idea piuttosto originale, per poi diramarsi attraverso le vicende dei diversi personaggi, non prive di occasioni per spingere lo spettatore a sorridere nel dramma, senza volgarità.
E sono solamente un evidente calo del ritmo generale nel corso della seconda parte ed alcune forzature di sceneggiatura – a firma del regista stesso – che si sarebbero tranquillamente potute evitare a penalizzare l’insieme... volto a ricordare che la vita è una gabbia di leoni ancor prima che una arena e cui giovano sia il buon lavoro svolto da Davide Vizzini sul montaggio, sia quello operato da Lorenzo Tomio per quanto riguarda le musiche, non distanti dallo stile del compianto Enzo Jannacci.
La frase:
"Mio padre diceva sempre ‘La vita è un’arena, e nell’arena o vinci, o muori".
a cura di Francesco Lomuscio
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