Le Ombre Rosse
Co-produzione 13 Dicembre, Rai Cinema e Cattleya che vede quale finanziatrice principale la Donatella Palermo cui dobbiamo, tra gli altri, "Tano da morire" (1997) e "Sud side stori" (2000) di Roberta Torre, "Le ombre rosse" è il lungometraggio che Francesco "Citto" Maselli, fondendo in satira metafore e simboli legati alla sinistra d’inizio terzo millennio, sfrutta per fornire un’ideale continuazione del suo "Lettera aperta a un giornale della sera" (1970).
Infatti, dedicato al giornalista Sandro Curzi, scomparso nel 2008, il film parte dalla figura di un intellettuale di fama mondiale con il volto dell’ottimo Roberto "Buongiorno notte" Herlitzka, il quale, invitato in un centro sociale creato nei fatiscenti locali di un vecchio cinema romano, rimane profondamente colpito dalla vita che anima il posto, tanto che, in seguito a una sua intervista rilasciata alla "Tv di strada", nasce l’idea che da lì possano svilupparsi realtà socialmente e culturalmente innovative.
Però, mentre tale fermento vitale finisce ben presto per diventare oggetto di diatribe e scontri tra diverse anime comuniste, quello che emerge, come era prevedibile, è soltanto l’ennesimo, grottesco sfogo su celluloide da parte di un cineasta tricolore politicamente schierato, il quale, anziché ricorrere ad interessanti allegorie, si limita in maniera esclusiva (e molto banale) ad immortalare una noiosa riunione di compagni e pseudo-compagni al solo fine di esporre il proprio pensiero altamente pessimista nei confronti di un paese in cui le uniche "ombre rosse" rimaste sembrano essere quelle riportate sulle locandine dell’omonimo capolavoro western firmato da John Ford nel 1939.
Quelle stesse ombre rosse che, parlando di Settima arte, preferiamo continuare a ricordare, anche perché, trovandoci qui dinanzi all’opera di un regista attivo da circa mezzo secolo, non ci si può accontentare di un raduno proto-recita scolastica del tutto sostenuto da attori bene o male in parte (da Valentina Carnelutti a Ennio Fantastichini, passando per i veterani Arnoldo Foà e Laurent Terzieff) e intervallato da lunghi momenti commentati esclusivamente dalla musica.
La frase: "Chissà cosa credevamo di fare, costruire".
Francesco Lomuscio
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