L'aquilone
"L'aquilone" può essere definito un film di frontiera, ma non quella frontiera che il cinema ha sfruttato così spesso (la border line del cinema statunitense), bensì un altro tipo di delimitazione. Quest'opera parla di linee che sicuramente non fanno parte del nostro immaginario ma che purtroppo sono così drammaticamente delineate da troppo tempo.
Tutta la storia si svolge sul confine tra un villaggio libanese e un villaggio annesso da Israele. Anzi, metaforicamente, si svolge sulla linea di filo spinato ("corda del diavolo" lo definisce la regista Randa Chahal Sabbag) che divide i due territori.
Lamia (interpretata dalla brava nonché bella Flavia Béchara) è promessa sposa a Samy, un suo cugino che vive nel territorio occupato. Nessuno dei due ragazzi vuole questo matrimonio che, ovviamente, verrà imposto dalle famiglie. Lamia lascia il suo paese per oltrepassare il confine e decide di rimanere nella sua nuova casa non perché costretta ma per deliberata scelta. Nel frattempo si innamora della guardia di vedetta al passaggio tra un territorio e l'altro.
"L'aquilone" si svolge tra una realtà vera ed un mondo onirico, tra commedia e dramma, tra il cielo (l'aquilone) e la terra (la guerra). E' un film di pura poesia. Le cose, le persone, i pensieri che passano attraverso il filo spinato (che è in un certo modo la chiave del film) ne rimangono intrappolate per sempre. Bisogna fare i conti con la guerra.
E al dì la di questa invenzione diabolica ci sono le storie di tutti i cuori che vorrebbero tornare a parlarsi senza il bisogno di un megafono (è l'unico modo per interloquire): la zia che ancora si sente una donna attraente, il capoposto della torre di vedetta che forse è un mancato filosofo. E poi Lamia e il suo soldato che vivono il loro amore soltanto attraverso gli sguardi. Ma forse uno sguardo basta a poter spiegare una vita che avrebbe voluto volare lontano ed invece è rassegnata a camminare con la morte nel cuore. La guerra distrugge tutto.
Questo film parla con un'essenzialità che ha del meraviglioso: tutto è lì sullo schermo così com'è, però se guardiamo bene può darsi che non sia così. Il finale (che ovviamente non dico) può essere una sorpresa come può non esserla. La cosa più importante, che è così e basta, è l'emozione di sentire quei sentimenti (la gioia della vita, la paura della guerra) in maniera assolutamente palpabile. E allora forse con un aquilone si potrà volare anche al di là di quel filo spinato che divide un posto dall'altro, il dolore dalla gioia, la morte dalla vita. "Che cazzata la guerra" (Prevert).
Renato Massaccesi
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