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La variabile umana











Non sono molti, ultimamente, i film italiani della grande distribuzione che possono vantare una così attenta ricerca stilistica e una tale particolarità formale come "La variabile umana": Bruno Oliviero racconta la storia dei suoi personaggi facendo scelte artistiche a volte audaci, ma sempre interessanti e che arricchiscono la sceneggiatura e, spesso, oltre a valorizzarla, rendono accattivanti alcuni punti forse un po’ deboli.
Il film è ambientato a Milano, città che l’autore conosce bene e rappresenta con sufficiente sincerità, dove l’ispettore Monaco (Silvio Orlando) e il suo collega e allievo Levi (Giuseppe Battiston) sono alle prese con un caso complesso: l’imprenditore Ullrich viene trovato morto in casa dalla moglie (Sandra Ceccarelli) che viene accusata di essere la colpevole del delitto. Dietro all’assassinio si nasconde un mondo di spaccio e promiscuità che vede protagoniste anche ragazze minorenni. Monaco è completamente assorbito dal lavoro e dal dolore per la morte della moglie e trascura la figlia Linda (Alice Raffaelli), cui si riavvicinerà parallelamente allo svolgersi delle indagini.
Fin dalle scene iniziali del film, colpisce la forma, il modo in cui è stato girato e montato: Oliviero ci regala delle suggestive (sempre molto lente) panoramiche dall’alto, inquadrature fuori fuoco, fermo-immagine e jump cut; si tratta di tecniche non troppo comuni ma efficacissime, eseguite con grande competenza. Anche la temporalità del racconto non è canonica: la storia di Monaco e di Linda si compone di scene che si sovrappongono una sull’altra, il cui inizio e fine spesso sono lontani e si incontrano solo successivamente; il suono – fuori campo – è spesso il legame immediato tra una scena e l’altra attraverso un accorto gioco di montaggio audio-video. "La variabile umana" è raccontata in modo complesso e particolare ma non si fa nessuna fatica a seguirne ogni minimo sviluppo, segno di grande competenza tecnica da parte del regista e delle sceneggiatrici Valentina Cicogna e Doriana Leondeff.
Si tratta dunque di un giallo, c’è un mistero da svelare e un/una colpevole da scovare chissà dove. Parliamo di un genere in cui la scrittura e la trama dovrebbero essere i punti forti dell’opera, mentre in questo caso si dimostrano a volte un po’ deboli: i personaggi sono poco caratterizzati e con poco spessore, senza contare che la storia in sé non è delle più forti. Un difetto che agli occhi di alcuni potrebbe passare inosservato grazie alla ricchezza della forma, per altri potrebbe essere una grave mancanza.

La frase:
- "Sei stata tu?"
- "Se ti dico di no tu mi credi?".

a cura di Fabiola Fortuna

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