La strategia degli affetti
Realizzato con il contributo del Ministero dei Beni Culturali, include nel cast anche il caratterista Remo Remotti e il grande Dino Abbrescia il secondo lungometraggio diretto da Dodo Fiori, che, a tre anni dalla pellicola d’esordio "Il silenzio intorno" (2006), sembra costruirsi soprattutto sull’incontro tra due diverse classi sociali.
Infatti, se al centro della vicenda abbiamo il giovane Matteo alias Davide Nebbia, figlio dell’architetto benestante Paolo che, interpretato da Paolo Sassanelli, non si riconosce in lui perché non riesce a vedervi le qualità che lo hanno portato a diventare un uomo di successo, l’elemento turbante va associato alla figura di Nina, cui concede anima e corpo Nina Torresi, ospitata nella loro casa dopo che il padre, dal modesto tenore di vita, è finito in ospedale.
Ed è un non disprezzabile Giovanni "Joe" Capalbo a prestare il volto a quest’ultimo, mentre a venire analizzata è soprattutto la mancanza di comunicazione della famiglia alto-borghese, i cui segreti cominciano ad essere scoperti dal protagonista, sempre più desideroso d’attenzione da parte del genitore e in continuo contrasto con due antipatici cugini, proprio in seguito all’arrivo della ragazza.
Lo script, firmato dallo stesso regista insieme a Heidrun Schleef e Diego Ribon, sceneggiatori de "La spettatrice" (2004) di Paolo Franchi e "Good morning, Aman" (2009) di Claudio Noce, da un lato concede quindi spazio al rapporto tra Matteo e l’oppressiva madre Carla, con le fattezze di Marta Iacopini, dall’altro pone in evidenza i suoi emergenti sentimenti nei confronti di Nina, a quanto pare dedita anche a misteriose uscite notturne.
Però, a partire da un look generale che non può fare a meno di essere associato a quello delle tante fiction "casalinghe" che affollano quotidianamente il nostro piccolo schermo d’inizio XXI secolo, non pochi sono gli aspetti negativi del film di Fiori.
Dalla recitazione non sempre convincente a grotteschi risvolti accompagnati da ridicoli dialoghi (e citiamo solo l’osservazione: "I ciccioni sono tutti buoni, si sa").

La frase: "Non sono un pupazzo, io non sono il tuo pupazzo, hai capito?".

Francesco Lomuscio

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